ITTO20130683A1 - Apparato e metodo per la correzione delle deformazioni prospettiche delle immagini - Google Patents

Apparato e metodo per la correzione delle deformazioni prospettiche delle immagini

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ITTO20130683A1
ITTO20130683A1 IT000683A ITTO20130683A ITTO20130683A1 IT TO20130683 A1 ITTO20130683 A1 IT TO20130683A1 IT 000683 A IT000683 A IT 000683A IT TO20130683 A ITTO20130683 A IT TO20130683A IT TO20130683 A1 ITTO20130683 A1 IT TO20130683A1
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Giusto Pietro Porzio
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    • GPHYSICS
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Description

SVT054
DESCRIZIONE dell’Invenzione Industriale avente per titolo: -SVT054-APPARATO E METODO PER LA CORREZIONE DELLE DEFORMAZIONI PROSPETTICHE DELLE IMMAGINI
di SISVEL TECHNOLOGY S.r.l., di nazionalità italiana, con sede in Via Castagnole 59, 10060 NONE (TO) ed elettivamente domiciliata, ai fini del presente incarico, presso i Mandatari i Mandatari Ing. Corrado Borsano (No. Iscr. Albo 446 BM), Ing. Marco Camolese (No. Iscr. Albo 882 BM), Ing. Matteo Baroni (No. Iscr. Albo 1064 BM), Dott. Giancarlo Reposio (No. Iscr. Albo 1168 BM), Ing. Giovanni Zelioli (No. Iscr. Albo 1536 B) c/o Metroconsult S.r.l., Via Sestriere 100, 10060 None (TO).
Inventore designato:
− Pietro Porzio Giusto, via Cassia 1110, 00189 - Roma
Depositata il No.
DESCRIZIONE
La presente invenzione riguarda un apparato e un metodo per la correzione di immagini, in modo da ridurre le deformazioni che appaiono, sia nella visione bidimensionale che in quella stereoscopica, quando le immagini sono osservate da un punto di osservazione non corrispondente al centro di proiezione della prospettiva.
Come è noto, la prospettiva lineare, chiamata anche semplicemente prospettiva, è un metodo geometrico-matematico che consente di riprodurre una scena tridimensionale su un piano. Il criterio base della costruzione prospettica, mostrato in fig. 1, consiste nel proiettare su un piano 101, detto “piano di proiezione” o “quadro di proiezione” o semplicemente “quadro”, i punti dello spazio tridimensionale come sono visti da un “centro di proiezione” C. La retta che si diparte dal centro di proiezione nella direzione verso cui è orientato lo sguardo dell’osservatore, o l’obiettivo della macchina da ripresa, è chiamata “asse ottico". Generalmente si usa definire un riferimento cartesiano come quello di fig. 1, in cui gli assi hanno origine nel centro di proiezione C, l’asse z coincide con l’asse ottico, l’asse y è verticale, orientato dal basso verso l’alto, e l’asse x è orizzontale, orientato da sinistra verso destra per l’osservatore. Nella terminologia utilizzata in questo campo tecnico, l’asse z è chiamato anche asse di “profondità”, essendo la “profondità” di un punto dello spazio tridimensionale definita come la distanza del punto dato dal piano xy. In fig.1 il piano di proiezione 101 ha distanza f dal centro di proiezione C ed è perpendicolare all’asse ottico, il quale interseca il piano di SVT054
proiezione (101) nel punto Ic. La proiezione Q di un punto dello spazio A risulta dall’incrocio fra il piano di proiezione 101 e la “retta proiettante”, cioè la retta che passa per il punto da proiettare A e per il centro di proiezione C.
Le macchine da ripresa di fotografie e di filmati producono immagini teoricamente conformi con la prospettiva lineare, sennonché le lenti degli obiettivi reali introducono spesso distorsioni più o meno visibili, come, ad esempio, quelle dette “a barile” e “a cuscino”. La presente invenzione non tratta questo tipo di distorsioni, che, d’altra parte, sono oggetto di numerosi studi e tecniche di correzione (vedere ad esempio il brevetto europeo EP1333498 B1 a nome Agilent Technologies Inc. e la domanda di brevetto internazionale WO 98/57292 A1 a nome Apple Computer).
La presente invenzione non tratta nemmeno le deformazioni delle immagini dovute ad errori di posizionamento degli obiettivi rispetto alla collocazione e all’orientazione desiderata, quali le rastremazioni delle immagini di edifici alti ripresi dal basso e le deformazioni di immagini di documenti fotografati obliquamente o da punti di vista fuori dall’asse del documento. Anche queste deformazioni sono largamente trattate nella letteratura (vedere ad esempio i documenti US 7,990,412 A1, US 2009/0103808 A1, BR PI0802865 A2, US 2004/0022451 A1, US 2006/0210192 A1, US 2011/0149094 A1).
La tecnica di correzione della presente invenzione elabora invece le immagini come se fossero perfettamente conformi alla prospettiva lineare. Le eventuali distorsioni rispetto alla prospettiva lineare, e in particolare quelle sopra citate, non sono considerate e sono rispecchiate nei risultati delle elaborazioni.
La presente invenzione riguarda, infatti, le deformazioni che appaiono nelle immagini prospettiche quando tali immagini sono osservate da un punto di osservazione non corrispondente al centro di proiezione, come, ad esempio, se si osserva l’immagine del quadro 101 (fig.1) dal punto V invece che dal centro di proiezione C.
La fig. 2 mostra un esempio di tali deformazioni. Essa riporta l’immagine di un solido 202 disegnata rigorosamente da un programma di calcolo secondo le regole della prospettiva lineare. L’immagine del solido 202 si trova nell’angolo basso destro di un quadro, di cui la figura riporta solamente il quadrante basso-destro (detto anche quarto quadrante) 201, per ingrandire gli elementi che interessano (il solido 202 e il centro Ic del piano di proiezione) rispetto alle dimensioni che essi avrebbero riproducendo il SVT054
quadro intero.
Osservando la fig. 2 come si guarda normalmente una fotografia, per esempio da un punto che si trova sulla perpendicolare al centro della figura, il solido 202 sembra avere la forma di un parallelepipedo con la faccia frontale quadrata e gli spigoli laterali più lunghi di quelli frontali, mentre il solido 202 è un cubo perfetto, con la faccia frontale sul piano di proiezione e con le coordinate del centro di tale faccia pari a x = 20 unità e y = -14 unità, misurate in rapporto alla lunghezza di uno spigolo del cubo. Nella stessa unità di misura, il punto corrispondente al centro di proiezione si trova a 25 unità dal piano dell’immagine, sulla verticale al piano della figura passante per il punto Ic.
Se si osserva la fig.2 da un punto vicino al corrispondente al centro di proiezione, che si trova sulla retta per Ic ortogonale al piano della figura ad una distanza dal foglio (il piano dell’immagine) pari a 25 volte lo spigolo del cubo, il solido 202 appare correttamente con la forma di cubo invece che con l’aspetto deformato di parallelepipedo.
La fig. 3 spiega qualitativamente la ragione della deformazione. Essa rappresenta il piano dell’orizzonte di una prospettiva, cioè il piano xz di fig. 1, sul quale è disegnato un quadrato ABDE con il lato frontale adiacente al piano di proiezione. In fig. 3 l’elemento 301 rappresenta il piano di proiezione 101 di fig. 1, visto dalla direzione dell’asse y.
Qui e nel seguito si assume, per semplicità, che il piano di proiezione e il piano dell’immagine coincidano, benché nella realtà l’immagine sia normalmente riprodotta su un supporto distinto dal piano di proiezione. Nel caso in cui i due piani sono distinti, si possono riportare l’uno sull’altro, con tutti i rispettivi elementi geometrici, tramite un’omotetia, come il tecnico dell’arte sa fare.
Nella fig. 3 le proiezioni dei vertici B e D dal centro di proiezione C coincidono con i vertici B e D stessi, mentre la proiezione del vertice A è rappresentata dal punto Q. Assumendo ora di osservare il piano di proiezione dal punto V, si constata che, attribuendo al punto Q la rappresentazione di un vertice che si trova sulla retta passante per AB, l’osservatore conferisce al punto Q la rappresentazione del punto A’, sicché il quadrato ABDE dal punto V appare come se fosse il rettangolo A’BDE’.
Questo tipo di deformazione è generalmente più evidente nella visione di immagini stereoscopiche, come è noto agli esperti dell’arte e come si vedrà più avanti.
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La prospettiva lineare, dunque, riproduce bene la visione della realtà se si guardano le immagini dal punto corrispondente al centro di proiezione, mentre se ci si scosta da esso le immagini appaiono deformate.
Le suddette deformazioni sono tanto maggiori quanto maggiore è lo scostamento del punto di osservazione dell’immagine dalla posizione corrispondente al centro di proiezione. Poiché normalmente le immagini sono osservate da un punto poco discosto dalla retta corrispondente all’asse ottico della prospettiva, nella pratica la componente principale che determina la deformazione deriva dalla distanza del punto di osservazione dell’osservatore dal punto corrispondente al centro di proiezione. Invece che a questa distanza, nella pratica si usa spesso considerare l’angolo di campo (l’angolo che sottende la diagonale del piano di proiezione dal centro di proiezione), considerato che fra angolo di campo e distanza del centro di proiezione dal piano di proiezione vale la seguente relazione:
d
ϑ=2 ⋅ arctan
2 ⋅ f(1)
dove i simboli hanno i seguenti significati:
ϑ angolo di campo;
ddiagonale del piano di proiezione (diagonale dell’elemento fotosensibile, nel caso di macchina da ripresa);
fdistanza fra centro di proiezione e piano di proiezione (lunghezza focale, nel caso di macchina da ripresa).
Applicando la formula (1), si trova che l’angolo di campo corrispondente al punto dell’immagine di fig.2 più lontano da Ic corrisponde ad un angolo di campo di 90°. Le deformazioni illustrate per mezzo della fig. 2 e della fig. 3 furono già notate da Leonardo da Vinci. Nell’architettura e nella pittura la prospettiva fu, infatti, introdotta nel quindicesimo secolo dal Brunelleschi con contributi di Donatello e Masaccio. Leonardo, per evitare che apparissero tali deformazioni, consigliava di dipingere da una distanza almeno venti volte maggiore delle dimensioni dell’oggetto da ritrarre, corrispondente ad angoli di campo di circa 3° (v. “Leonardo da Vinci on Painting - A SVT054
lost book (Libro A) - by Carlo Pedretti - Foreword by Sir Kenneth Clark, University of California Press, Berkely and Los Angeles, California, © 1964 by the Recent of the University of California, Library of Congress Catalog Card Number: 64-17171).
Nel diciottesimo secolo Giovanni Paolo Pannini, per ridurre le deformazioni della prospettiva lineare già notate da Leonardo, ideò un metodo di proiezione consistente nella successione di due proiezioni. Con la prima proiezione si proietta la scena da un primo centro di proiezione su una superficie cilindrica verticale con l’asse passante per il centro di proiezione. Con la seconda, da un secondo centro di proiezione diverso dal primo, si proietta su una superficie piana l’immagine ottenuta sulla superficie cilindrica. Questa tecnica dà buoni risultati nella rappresentazione di scene in cui vi sono linee verticali che debbono rimanere tali ed in cui vi è un punto di fuga centrale verso il quale convergono linee di molti elementi. Non dà invece buoni risultati nel rappresentare immagini generiche. Mediante questa tecnica Pannini dipinse suggestive vedute di complessi architettonici, con angoli di campo larghi senza visibili deformazioni prospettiche (v. Thomas K. Sharpless1, Bruno Postle, and Daniel M. German, “Pannini: A New Projection for Rendering Wide Angle Perspective Images”, Computational Aesthetics in Graphics, Visualization, and Imaging (2010), The Eurographics Association 2010, http://vedutismo.net/Pannini/panini.pdf).
Nel 1995 Denis Zorin, Alan H. Barr (v. Zorin D., Barr A. H., “Correction of geometric perceptual distortions in pictures”, SIGGRAPH ’95: Proceedings of the 22nd annual conference on Computer graphics and interactive techniques (1995), pp. 257–264) proposero di aggirare l’insorgere delle suddette deformazioni proiettando prima le immagini su una superficie sferica, centrata sul centro di proiezione, e riportando poi tale superficie sferica su un piano. Ma riproducendo una superficie sferica su un piano sorgono inevitabilmente distorsioni, perciò il metodo Zorin-Barr può dare qualche miglioramento solamente per angoli di campo stretti.
Più recentemente Robert Carroll ed altri (Carroll R., Agrawal M., Agarwala A., “Optimizing content-preserving projections for wide-angle images”, SIGGRAPH ’09: ACM SIGGRAPH 2009 papers (New York, NY, USA, 2009), ACM, pp. 1–9) hanno proposto di minimizzare le deformazioni adattando la proiezione al contenuto. A questo scopo si fornisce un’interfaccia uomo-macchina attraverso cui l’utilizzatore può caratterizzare le zone e gli elementi delle immagini da correggere in modi particolari, SVT054
quali linee rette che devono rimanere tali, visi di persone, ecc. Questo metodo è però laborioso e scomodo, e richiede tarature specifiche per vari tipi di elementi.
Citiamo infine la domanda di brevetto americana US 2011/0090303 A1 a nome Apple Inc., la quale, con riferimento a sistemi di videoconferenza, descrive un metodo per correggere le deformazioni di immagini riprese da telecamere. Questo metodo è basato sull’individuazione di elementi particolari, contenuti nelle immagini riprese (ad esempio, il viso dei partecipanti ad una teleconferenza), e sull’applicazione di specifiche correzioni alle deformazioni di tali elementi. L’individuazione di questi elementi può avvenire tramite algoritmi di riconoscimento e tramite indicazioni fornite dall’utente attraverso appropriate interfacce uomo-macchina. L’utente può, ad esempio, indicare il punto centrale di un viso. La correzione delle deformazioni e delle distorsioni è poi attuata confrontando l’immagine ripresa con immagini di riferimento, quali, ad esempio, fotografie dei partecipanti riprese prima dell’inizio della videoconferenza. Il riconoscimento delle immagini e le correzioni sono facilitate dalla determinazione dell’orientazione della telecamera mediante sensori (accelerometri, giroscopi). Come s'intuisce, questo metodo è molto complesso ed è applicabile solo in circostanze particolari. Inoltre non risolve il problema delle deformazioni che si evidenziano in generale quando si osserva un’immagine prospettica da un punto di osservazione non corrispondente al centro di proiezione.
La presente invenzione fornisce una soluzione appropriata al problema sopra esposto descrivendo un metodo, ed il relativo apparato, per la correzione delle deformazioni che appaiono nelle immagini, quando queste sono osservate da un punto non corrispondente al centro di proiezione della prospettiva. L’apparato e il relativo metodo si applicano sia per la riproduzione bidimensionale di una sola immagine, sia per la riproduzione di una coppia di immagini stereoscopiche.
Tale apparato comprende appropriati mezzi per acquisire un'immagine bidimensionale, o una coppia di immagini stereoscopiche, con dati sufficienti per determinare le coordinate del punto corrispondente al centro di proiezione della prospettiva (per esempio, centro dell’immagine e lunghezza focale) e con il corredo della mappa di profondità. Questa è definita come l’insieme delle profondità dei punti della scena rappresentata nell’immagine, cioè, con riferimento alla fig. 1, come l’insieme delle coordinate z dei punti della scena tridimensionale. In alternativa alla mappa di SVT054
profondità possono essere forniti dati che consentono di ricavarla.
Inoltre, quest'apparato comprende mezzi di memoria e mezzi di elaborazione (per esempio un processore che esegue un opportuno codice software) configurati per correggere la posizione dei punti delle immagini acquisite, secondo una tecnica chiamata "Partial Perspective Gradient" (PPG). Le correzioni che questa tecnica apporta tendono a rappresentare, sul piano delle immagini, la posizione di ciascun punto come se esso fosse stato ripreso con l’obiettivo puntato su di esso. Tale tecnica, di cui si possono definire numerose varianti, è basata sul calcolo di un gradiente del posizionamento dei punti sul piano delle immagini. Integrando le componenti di questo gradiente si trovano le funzioni secondo cui collocare i punti in modo da realizzare la suddetta correzione.
È da notare che la rappresentazione delle immagini, su cui si opera per applicare le tecniche di correzione, è spesso costituita da un numero limitato di elementi discreti di dimensioni finite, chiamati “pixel”. A rigore ogni pixel rappresenta, in modo approssimato, una piccola area dell’immagine, ma per semplicità di esposizione, in alcuni passi di questa descrizione, si identificherà un punto geometrico con un pixel, accettando l’approssimazione di assumere che le coordinate discrete del pixel corrispondano a quelle del punto geometrico che con esso si intende rappresentare. Considerando il sistema di riferimento mostrato in fig. 4, tale gradiente si calcola considerando un generico punto A dello spazio tridimensionale, a cui corrisponde, secondo la prospettiva lineare, il punto Q del piano delle immagini (401), e il punto P risultante dall’intersezione fra la retta proiettante di A ed il piano 402, che chiameremo π (o piano ausiliario π) e che, nella realizzazione preferita dell’invenzione, è ortogonale alla retta proiettante di A.
Ad uno spostamento incrementale∆ a<�>
di A, corrisponde, sul piano π (402), uno<�>
spostamento incrementale∆ pdi P. Dalle componenti dello spostamento incrementale∆ p<�>
si calcolano le componenti del gradiente, cioè le derivate parziali, delle funzioni Fx(xQ, yQ, zA) e Fy(xQ, yQ, zA) con cui rappresentare, sul piano delle immagini 401, le coordinate corrette dell’immagine del punto A.
Integrando le suddette derivate parziali si determinano le coordinate secondo cui collocare la rappresentazione del punto A sul piano delle immagini.
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Queste caratteristiche ed ulteriori vantaggi della presente invenzione risulteranno maggiormente chiari dalla descrizione di un suo esempio di realizzazione mostrato nei disegni annessi, forniti a puro titolo esemplificativo e non limitativo, in cui:
fig. 1 illustra in maniera geometrica il funzionamento della prospettiva lineare;
fig. 2 illustra la rappresentazione in prospettiva di un cubo in posizione disassata rispetto all’asse ottico;
fig. 3 illustra qualitativamente le deformazioni insite nella prospettiva lineare nell’osservazione delle immagini da un punto non corrispondente al centro di proiezione;
fig. 4 illustra in maniera geometrica una forma di realizzazione dell'invenzione;
fig. 5 illustra in maniera geometrica il funzionamento della prospettiva lineare nel caso stereoscopico;
fig. 6 illustra una vista in pianta di parte di fig.4;
fig. 7 illustra una rappresentazione dei riferimenti cartesiani;
fig. 8 illustra l'andamento della funzione a coseno rialzato e del suo complemento impiegati nel metodo e nell'apparato secondo l'invenzione;
fig. 9 illustra immagini stereoscopiche del cubo di fig.2;
fig. 10 illustra uno schema a blocchi di un apparato secondo l' invenzione;
fig. 11 illustra un diagramma di flusso di un processo in cui si applica la correzione prospettica della presente invenzione.
La presente invenzione riguarda la correzione di singole immagini bidimensionali, o di coppie di immagini stereoscopiche, intesa a ridurre le deformazioni che appaiono nelle immagini prospettiche, quando queste sono osservate da un punto non corrispondente al centro di proiezione della prospettiva. Nel seguito si descrive un apparato, ed il relativo metodo che esso applica, in una forma di realizzazione preferita ed in alcune varianti esemplificative, ma non limitative.
L’apparato della presente invenzione, con il relativo metodo, elabora le immagini mediante una tecnica, chiamata “Partial Perspective Gradient” (PPG), che corregge la SVT054
posizione dei punti (pixel) delle immagini in modo da collocarli come se ogni punto della scena rappresentata nell’immagine fosse stato ripreso da un obiettivo puntato su di esso. Per determinare questa correzione tale tecnica utilizza le coordinate del punto, di cui correggere la rappresentazione, ed i dati che definiscono la geometria della prospettiva secondo cui l’immagine è stata generata.
Con riferimento alla fig. 4 e alla forma di realizzazione preferita, le coordinate del punto A in considerazione sono ricavate dall’immagine, cioè dalle coordinate x, y del punto Q, e dalla distanza che il punto A ha dal piano xy. Nella terminologia dell’arte, questa distanza è chiamata “profondità” e l’insieme delle distanze dei punti dello spazio tridimensionale dal piano xy è chiamata “mappa di profondità”.
La geometria della prospettiva secondo cui l’immagine è stata generata è essenzialmente definita dalla lunghezza focale e dalle dimensioni del quadro.
Con riferimento anche alla fig. 5, nel caso di immagini stereoscopiche, alla lunghezza focale e alle dimensioni del quadro, si aggiunge la distanza interottica b, cioè la distanza fra i centri di proiezione secondo cui le due immagini della stereoscopia sono state generate. I dati sufficienti per determinare la profondità dei punti rappresentati nell’immagine, detti anche dati di profondità, possono comprendere la mappa di profondità e possono essere ricavati con vari metodi noti al tecnico del ramo, sia per un’immagine destinata alla visione bidimensionale, sia per una coppia di immagini stereoscopiche. Nel caso di disegni o di dipinti tali dati sono impliciti nel progetto dell’artista.
Nel caso di una coppia di immagini stereoscopiche la mappa di profondità può essere ricavata dalla mappa di disparità, la quale rappresenta la differenza fra le coordinate orizzontali dei punti omologhi delle due immagini, come illustrato nella fig.5. In questa figura si assume che i due centri di proiezione siano allineati orizzontalmente e che gli assi orizzontali dei riferimenti cartesiani giacciano sul piano dell’orizzonte, ovvero sul piano orizzontale che contiene i centri di proiezione. Infatti, la fig. 5 mostra chiaramente che gli assi di profondità zLe zRhanno origine sulla retta che passa per i centri di proiezione CLe CR, mentre gli assi x e y sono rappresentati sui piani delle immagini per semplificare la grafica; è però evidente al tecnico del ramo che questa rappresentazione sui piani delle immagini è del tutto equivalente alla rappresentazione degli stessi assi sul piano passante per i suddetti centri di proiezione CLe CRed ortogonale all’asse z.
SVT054
La fig. 5 rappresenta un esempio in cui un punto A dello spazio tridimensionale proiettato da due distinti centri di proiezione, CLe CR, su due distinti piani di proiezione, il piano 501 e il piano 503, sui quali le coordinate sono riferite rispettivamente ai riferimenti cartesiani IcLxLyLe IcRxRyR. Gli assi ottici che si diramano dai centri di proiezione, zLda CL, e zRda CR, sono fra loro paralleli e a distanza b (distanza interottica) l’uno dall’altro. I piani 501 e 503 sono ortogonali a tali assi ottici ed equidistanti dai rispettivi centri di proiezione di una distanza pari ad f, mentre i loro assi orizzontali, rispettivamente xLe xR, giacciono su una stessa retta, la quale è parallela alla congiungente i due centri di proiezione CLe CR. ed intersecano gli assi ottici rispettivamente nei punti IcLe IcR.
Nei rispettivi sistemi di riferimento, i punti omologhi QLe QR, risultanti dalla proiezione di A rispettivamente sui piani xLyLe xRyR, hanno la stessa coordinata verticale, non indicata in fig. 5 per semplicità, ed hanno rispettivamente le coordinate orizzontali xQLe xQR.
La disparità “disp” dei punti omologhi QLe QR, è data da disp = xQL- xQR.
Fra la “profondità” e la “disparità” vale la seguente relazione matematica:
<f ⋅ b>
zA<= (2)>disp
dove i simboli hanno i seguenti significati:
z A“profondità” del punto considerato, cioè la coordinata z del punto A di fig.4 o le coordinate del punto A di fig.5 sugli assi zLe zR;
bdistanza interottica, ossia la distanza fra i due centri di proiezione CLe CR;flunghezza focale, ossia la distanza fra centro di proiezione CLo CRe rispettivo piano di proiezione 501 o 503;
dispdisparità, ossia la differenza fra la coordinata orizzontale di un punto dell’immagine di sinistra (QL) e la corrispondente coordinata del punto omologo dell’immagine di destra (QR), riferendo le coordinate ai centri delle rispettive immagini (IcLe IcR) o ad altri punti omologhi di riferimento.
L’equazione (2) è definita con riferimento ai centri di proiezione e al piano di SVT054
proiezione, ma, come noto al tecnico del ramo, la stessa equazione, mutatis mutandis, può essere utilizzata anche per mettere in relazione la profondità di un punto rappresentato sulle due immagini di una stereoscopia con la disparità misurata sulla coppia di immagini stereoscopiche e con il valore della distanza interottica equivalente relativa alla configurazione geometrica secondo cui la stereoscopia è stata generata. Il centro di proiezione della prospettiva secondo cui un’immagine è stata generata può essere localizzato fornendo il centro del piano di proiezione e la distanza fra centro di proiezione e piano di proiezione (la distanza focale, nel caso di macchine da ripresa), oppure fornendo le dimensioni del piano di proiezione e l’angolo di campo, giacché angolo di campo, diagonale dell’immagine e distanza del centro di proiezione dal piano di proiezione sono legati dall’equazione (1).
L’apparato rivendicato dalla presente invenzione comprende appropriati mezzi per acquisire, in forma numerica, un'immagine bidimensionale o una coppia di immagini stereoscopiche, corredate di dati di profondità o di disparità e da dati sufficienti per determinare le coordinate del centro di proiezione C corrispondente al centro di proiezione della prospettiva, come detto sopra.
Acquisita la geometria dell’immagine, l’apparato rivendicato dalla presente invenzione applica il metodo (“Partial Perspective Gradient”) secondo l'invenzione, dove detto metodo è sviluppato in base al principio di rappresentare l’intorno di ciascun punto di un'immagine come se, nella ripresa o nel disegno, lo sguardo fosse rivolto verso di esso. Questo principio è realizzato calcolando come, in tali condizioni di orientazione dello sguardo, si percepirebbero piccoli spostamenti del punto considerato (ad esempio il punto A nelle figure allegate).
Con riferimento anche a fig. 6, si descrive, per semplicità di esposizione, questo calcolo considerando la rappresentazione di un punto dello spazio che giace sul piano dell’orizzonte (piano xz nelle figure allegate) e uno spostamento incrementale di tale punto in direzione parallela all’asse x. Il tecnico del ramo è in grado di estendere il calcolo al caso in cui il punto A è collocato in una qualunque posizione nello spazio e lo spostamento incrementale di detto punto avviene lungo una qualsiasi direzione.
Il piano 402 dista dal centro di proiezione C quanto il piano di proiezione 401. Questa configurazione è da considerare solo come esempio illustrativo, non limitativo, della forma di realizzazione preferita. Come l’esperto dell’arte intuisce, e come si dirà in SVT054
seguito, il piano 402 può essere fissato ad una qualsiasi distanza dal centro di proiezione e con una qualsiasi orientazione.
<�>
Come l’esperto dell’arte sa, in generale uno spostamento incrementale∆ aè definibile da una composizione di una pluralità di componenti, dove queste componenti, preferibilmente tre (spazio tridimensionale), sono orientate lungo varie direzioni. La scomposizione più comune è quella fatta utilizzando le tre direzioni corrispondenti agli assi del riferimento cartesiano, a cui si fa riferimento in questa descrizione. Poiché in questo esempio illustrativo∆ a<�>
ha una direzione parallela all’asse x,∆ a<�>
è completamente caratterizzato dalla sua componente lungo questo asse, che chiameremo∆x�
A. Analogamente, in questo esempio, lo spostamento incrementale ∆qdi Q è completamente caratterizzato dalla sua componente lungo l’asse x, che chiameremo �
∆xQ. Si noti che, in ogni caso, a uno spostamento ∆aparallelo all’asse x del punto A<�>
corrisponde uno spostamento∆ q, anch'esso parallelo all’asse x, del punto Q.
Per trattare lo spostamento incrementale che percepirebbe un osservatore se il suo<�>sguardo fosse rivolto verso il punto A, è necessario rappresentare una proiezione∆ p
<�>
dello spostamento incrementale∆ asul piano 402.
<�>
Con riferimento anche a fig. 7, questa proiezione∆ ppuò essere definita utilizzando il riferimento cartesiano Cαβγ. Questo riferimento ha l’origine in C, coincidente con quella del riferimento Cxyz, e il suo asse γ si sviluppa lungo una direzione coincidente con quella della retta passante per C e per A. Il piano αβ è ortogonale all’asse γ. L’asse α è individuato dall’intersezione del piano αβ con il piano xz (l’asse α giace sul piano xz), mentre l’asse β, pure passante per C, è ortogonale sia all’asse α che all’asse γ. In generale uno spostamento∆ a<�>parallelo all’asse x del punto A comporta sul piano 402 uno spostamento∆ p<�>
di P con componenti sia nella direzione dell’asse α che nella direzione dell’asse β. Nel caso particolare di fig. 6, in cui il punto A si trova sul piano dell’orizzonte e, di conseguenza, l’asse β è ortogonale all’asse x, la componente nella direzione dell’asse β è nulla, perciò rimane da trattare solamente la componente nella direzione dell’asse α, chiamata∆α P. Poiché con∆α Psi vuole determinare la derivata parziale che deve assumere la componente lungo l'asse x del punto Q, detta anche xQ,∆α Pè rapportata a∆x Q. Il calcolo può essere fatto con le comuni regole SVT054
della geometria e della matematica, che l’esperto dell’arte conosce. Esse consistono
essenzialmente nel cambiamento del sistema di riferimento che fa passare la<�>rappresentazione dello spostamento∆ adal riferimento cartesiano Cxyz al riferimento
cartesiano Cαβγ. Le formule per il cambiamento del sistema di riferimento si trovano in
testi scolastici e in vari siti Internet, fra cui, per esempio, il seguente:
http://www.cns.gatech.edu/~predrag/courses/PHYS-4421-10/Lautrup/space.pdf.
Il risultato dell’elaborazione è l’espressione della formula (3αx), riportata sotto insieme
con le espressioni delle altre componenti degli spostamenti, che si derivano in modo
analogo.
<∆α>2
P f
=
∆ x<Q>(x<2 2>(3αx)
Q+f<2>)⋅ (x<2>
Q+y Q f<2>)
∆<α>P= 0
∆y (3αy)
Q
<∆α>−f 2
P ⋅ x
= Q
∆ z (3αz) A zA⋅ (x<2 2>
Q+f )⋅ (x<2>
Q+y<2>
Q f<2>)
<∆β>P f⋅x
= Q ⋅ y Q
∆ x<2>(3βx) Q (x<2>
Q+y<2>
Q+f<2>)⋅ x<2>
Q f
<∆>2
<β>P f⋅ x2
Q f
=
∆ y 2 2 2 (3βy) Q xQ+yQ+ f
<∆β>P −f 3 ⋅ y
= Q
∆ z A zA⋅ (x<2>
Q+y<2>
Q+f<2>)⋅ x<2>
Q f<2>(3βz)
Nelle formule (3..) i simboli hanno i seguenti significati:
spostamento incrementale del punto P sul piano 402 nella direzione
∆αP
dell’asse α;
SVT054
spostamento incrementale del punto P sul piano 402 nella direzione
∆βP
dell’asse β;
spostamento incrementale del punto Q sul piano di proiezione nella direzione ∆xQ
dell’asse x ;
spostamento incrementale del punto Q sul piano di proiezione nella direzione ∆yQ
dell’asse y;
<∆z>Aspostamento incrementale del punto A nella direzione dell’asse z;
fdistanza fra centro di proiezione e piano di proiezione;
<x>Q ascissa del punto Q;
<y>Q ordinata del punto Q;
L’espressione (3αy) indica che lo spostamento incrementale∆α Pdel punto P nelladirezione dell’asse α non dipende dalla componente di spostamento<∆y>Q del punto Qnella direzione dell’asse y, poiché l’asse y è ortogonale al piano su cui giace l’asse α, come detto sopra a commento della fig.7 (l’asse α giace sul piano xz).
Calcolando gli integrali delle formule (3..) si ottengono le coordinate Fx(xQ, yQ, zA) ed Fy(xQ, yQ, zA) con cui rappresentare, sul piano delle immagini, la posizione corretta del punto A. Tali integrali sono dati dalle seguenti formule:
x ∆<α>
Fx<(>x<Q,>y<Q,>z<A ) =>∫QP z<α>
0A∆P
∆x (4xx) Q ∫ f =
∆z A
x 2 ⋅ dt
<=>∫Qf
0(4αx) (t2+ f 2 )⋅ (t2+ y2
Q+ f 2 )
− f 2 ⋅ x
<Q>� zA� (4αz) �
(x2 2
Q f 2 )⋅ (x2
Q y Q f 2 ln
)��
� f<�>
� (*) SVT054
xQyQ∆<β>
FyPz<β>P<(>x<Q,>y<Q,>z<A ) =>∆<β>
∫ P
0
∆x 0 f = (4yy) Q ∫ ∆x Q ∫A∆
∆z A
� �
f � arctg� x2
Q+f 2� � ��
= ⋅ � −arctg�<f>��
� � y�� � (4βx)<(*)>� � Q � � y Q��
� y
f ⋅ arctg�<Q>�
� x<2>+ f<2>+�(4βy)
� Q �
−f 3 ⋅ y
<Q>� z (4βz)
⋅ �A�
<�>�
(x2
Q+y2
Q+f2 )⋅ x2
Q f 2 ln�
� f � (*)<(*)>Per yQtendente a zero l’espressione (4βx) tende a zero, mentre gli argomenti dei logaritmi delle espressioni (4αz) e (4βz) sono sempre positivi.
I simboli delle formule (4..) hanno gli stessi significati di quelli delle formule (3..). L’espressione (4αx) può essere approssimata mediante la seguente formula:
x<Q f>2 ⋅<dt>2 ⋅ f 2 � 2 ⋅
∫ ≈ ⋅ arctg� x Q �
0(t2+f2 )⋅ (t2+y2 2 ) ⋅2+2�<�>(4αxa)
Qf 2 f y Q � 2⋅f2+ y2
Q�
avendo approssimato la funzione integranda (3αx) mediante la seguente espressione:
<∆α>f 2 2 ⋅ f 2
P =
∆ x<2>
Q(x2 ≈
Q+f2 )⋅ (x2
Q+y2
Q+ f 2 ) 2⋅xQ+y<2>
Q+ 2 ⋅ f<2>(4αxb)
La formula (4αxa) fornisce risultati che differiscono poco dal calcolo integrale (4αx). Ad esempio, nel caso di applicazione al cubo mostrato nella fig.2, in cui vi sono punti corrispondenti ad angoli di campo di 90°, i calcoli eseguiti con la formula (4αxa) differiscono meno dell’1% da quelli eseguiti con la formula (4αx). Come si può notare, SVT054
l'impiego della formula (4αxa) non richiede, al contrario di quello della formula (4αx), l'effettuazione di passi di integrazione numerica, così da vantaggiosamente ridurre tempi e carico di elaborazione.
Le formule (4..) costituiscono la prima forma di realizzazione della tecnica “Partial Perspective Gradient” della presente invenzione, che consiste nel rappresentare, in termini approssimati sul piano delle immagini, ciò che, nell’intorno di ciascun punto della scena da riprodurre, apparirebbe dal centro della prospettiva se l’asse ottico passasse per tale punto. In accordo con questo criterio, si possono considerare un certo numero di varianti della suddetta tecnica.
Ad esempio, invece delle componenti (3αz) e (4βz), che rappresentano la dipendenza dalla “profondità” dei punti dell’immagine, si possono utilizzare formule che rappresentano la dipendenza dalla “disparità” fra i punti omologhi di immagini stereoscopiche, coerentemente con la formula (2).
Una seconda variante è l’uso di formule determinate assumendo che il punto P (fig. 4, fig. 6, fig. 7), invece di trovarsi a distanza fissa pari ad f dal centro di proiezione C, abbia una distanza CP da C dipendente da qualche parametro. In particolare si può imporre CP = CQ , in modo che P coincida con Q.
Una terza variante consiste nel determinare le formule imponendo che il punto P si trovi su un segmento VA, invece che sul segmento CA, con V distinto da C (fig.1, fig. 3, fig.
4). In questo caso il punto V si può trovare preferibilmente sull’asse ottico che passa per i punti C e IC, oppure fuori da tale asse ottico. Inoltre la distanza di P da VPVpuò essere prefissata ad un valore costante o essere variabile in dipendenza da qualche parametro. Ad esempio, si può imporre PV = f ⋅VA / CA .
Le suddette varianti della tecnica “Partial Perspective Gradient” sono riportate come esempi non esaustivi né limitativi, essendo l’esperto dell’arte in grado di immaginarne molte altre senza discostarsi dagli insegnamenti della presente invenzione.
Una seconda forma di realizzazione dell’idea consiste nell’applicare in parte le formule (4..) e in parte le formule della prospettiva lineare.
L’arte nota ha, infatti, evidenziato che la prospettiva lineare riproduce bene le immagini entro certi limiti, perciò entro tali limiti può essere conveniente mantenere la riproduzione fornita dalla prospettiva lineare, combinando le formule (4..) con quelle SVT054
della prospettiva lineare. Tipicamente la combinazione può avvenire in modo da passare gradualmente dall’applicazione esclusiva delle formule (4..) all’applicazione esclusiva delle formule della prospettiva lineare, ma può anche essere fatta in altri modi che l’esperto dell’arte può immaginare.
Un modo per realizzare la suddetta combinazione consiste nel moltiplicare i risultati delle formule (4..) per un primo fattore, preferibilmente compreso tra il valore unitario e il valore nullo, e moltiplicare i risultati delle formule della prospettiva lineare per un secondo fattore, preferibilmente complementare al primo fattore; i risultati dei prodotti così ottenuti vengono poi sommati tra loro.
Con riferimento anche alla fig. 8, un esempio di funzione che si presta per realizzare i fattori moltiplicativi è la funzione a coseno rialzato rappresentata dalla curva 801, insieme con il suo complemento 802. Come si vede dalla figura, la curva 801 si mantiene al valore unitario per valori delle ascisse comprese fra zero e un limite ts; successivamente, nell’intervallo da tsa tf, decresce gradualmente fino a zero, e poi si mantiene al valore nullo. La sua funzione complementare 802 ha invece l’andamento opposto.
Le ascisse della fig. 8, e quindi i limiti tsa tf, possono essere messi in relazione con l’angolo di disassamento con cui il punto da rappresentare è visto dal centro di proiezione, oppure con la distanza del punto dal centro di proiezione, o con altri parametri o combinazioni di parametri che permettono al tecnico del ramo di soddisfare i requisiti della specifica applicazione del metodo secondo l'invenzione.
Il modo più semplice di combinare i risultati delle formule 4(..) con i risultati della prospettiva lineare è di:
a) moltiplicare la funzione espressa dalla formula (4xx) per una prima funzione 801;
b) moltiplicare la formula che fornisce le ascisse dei punti delle immagini secondo la prospettiva lineare per una seconda funzione 802, che è preferibilmente complementare a detta prima funzione 801;
c) ricavare la funzione che esprime l’ascissa dei punti dell’immagine come somma dei risultati delle operazioni a) e b);
SVT054
d) ricavare la funzione che esprime l’ordinata dei punti dell’immagine in modo analogo a ciò che è stato fatto per la funzione che esprime le ascisse secondo le operazioni a)-c).
L’esperto dell’arte è però in grado di realizzare la combinazione anche in altri modi. Per esempio, si può:
e) moltiplicare ciascuno dei termini (4α.) e (4β.) per una distinta funzione;
f) ricavare la funzione Fx(xQ, yQ, zA) come somma dei termini ottenuti dalle suddette moltiplicazioni;
g) calcolare una media pesata dei suddetti termini con cui è stata calcolata la funzione Fx(xQ, yQ, zA) nel punto f) precedente;
h) moltiplicare la formula che fornisce le ascisse dei punti delle immagini secondo la prospettiva lineare per il complemento della suddetta media pesata ottenuta dal calcolo g);
i) ricavare la funzione che esprime l’ascissa dei punti dell’immagine come somma dei risultati delle operazioni f) e h);
j) ricavare la funzione che esprime l’ordinata dei punti dell’immagine in modo analogo a ciò che è stato fatto per la funzione che esprime le ascisse con le operazioni e)-i).
Questi due esempi di combinazioni non sono né esaustivi né limitativi. L’esperto dell’arte è, infatti, in grado di proporne altre senza allontanarsi dagli insegnamento della presente invenzione. Anche le funzioni rappresentate nella fig. 8 sono da considerare solo come esempi non esaustivi né limitativi. L’esperto dell’arte conosce, infatti, molti altri tipi di funzioni utilizzabili per combinare i termini delle formule (4..) con quelle della prospettiva lineare.
Con la suddetta seconda forma di realizzazione dell’invenzione si hanno poi tutte le varianti che si possono considerare per la prima forma di realizzazione.
Con riferimento anche alla fig.9,
aFè l’immagine ingrandita del cubo 202 (cubo proiettato dal centro di SVT054
proiezione Ic);
aEè l’immagine dello stesso cubo 202 proiettato da un centro di proiezione con ascissa pari a due volte il lato del cubo;
bFè l’immagine ottenuta elaborando con la tecnica “Partial Perspective Gradient” l’immagine aF;
bEè l’immagine ottenuta elaborando con la tecnica “Partial Perspective Gradient” l’immagine aE.
Applicando il metodo secondo l'invenzione (PPG) sopra descritto all’immagine del cubo 202 della fig. 2, che è ripresentata ingrandita nell’immagine “aF” della fig. 9, si ottiene l’immagine “bF” della fig. 9. Confrontando le suddette immagini “aF” e “bF”, è evidente il miglioramento apportato dalla presente invenzione sulle immagini bidimensionali. Si osservi anche che l’immagine “bF” mostra un cubo che non ha alcuna faccia perpendicolare all’asse ottico, come sarebbe nella realtà se lo sguardo fosse rivolto verso di esso, essendo tale cubo visto con un disassamento orizzontale di 21° e un disassamento verticale di -15°.
Il miglioramento è ancor più evidente nella visione stereoscopica, che si può ottenere osservando la fig. 9 con gli accorgimenti indicati sotto, premesso che le immagini “aF” e “bF” di fig. 9 sono le immagini per l’occhio sinistro, mentre le loro omologhe “aE” e “bE” sono le immagini per l’occhio destro. Queste ultime sono state generate da un centro di proiezione distante dal centro di proiezione relativo ad “aF” e “bF” di una distanza interottica (“b” in fig.5) pari a due volte il lato del cubo.
Per ottenere la visione stereoscopica delle immagini di fig.9 occorre riprodurre la figura in modo che la distanza fra i trattini verticali che pendono dalla linea orizzontale superiore sia circa uguale, o poco minore, della propria distanza interpupillare. Normalmente si ottiene una dimensione adeguata riproducendo il foglio su cui si trova la fig. 9 in formato A4 (larghezza di 21 cm). Assicurando che la retta congiungente i centri delle proprie pupille sia parallela alle rette che delimitano superiormente ed inferiormente la figura, occorre poi puntare fissamente lo sguardo sulla figura, in modo da ottenere la fusione delle immagini di destra con quelle di sinistra. La fusione potrebbe essere facilitata fissando inizialmente le frecce che vanno dalle immagini inferiori a quelle superiori o, meglio, ponendo, in prossimità della propria fronte, un SVT054
cartoncino in posizione ortogonale rispetto alle suddette rette orizzontali di delimitazione, in modo che l’occhio destro non veda, almeno in gran parte, l’immagine di sinistra, e viceversa.
Mentre nella visione stereoscopica della fig. 9, l’immagine “b” (ottenuta dalla fusione delle immagini bFe bE) rappresenta bene le forme di un cubo, l’immagine “a” non sembra neppure quella di un parallelepipedo, perché le dimensioni della faccia posteriore appaiono maggiori di quelle della faccia anteriore. Inoltre nella prospettiva lineare le linee orizzontali e quelle verticali mantengono le loro direzioni, in particolare i segmenti che giacciono sul piano di proiezione, come gli spigoli della faccia frontale del cubo riprodotto nella fig. 9, mantengono la loro lunghezza e la loro orientazione, sicché la faccia frontale del cubo appare come un quadrato perfetto. Il risultato dell’elaborazione mediante il metodo PPG mostra invece un cubo visto obliquamente, coerentemente con il fatto che esso si trova disassato dall’asse ottico di 21° in orizzontale e di -15° in verticale.
La tecnica PPG può dunque essere applicata alle immagini stereoscopiche ancor più vantaggiosamente che alle immagini monoscopiche.
Anche nel caso della visione stereoscopica, però, le immagini della prospettiva lineare riproducono correttamente la forma di un cubo se esse sono osservate dal punto di osservazione corrispondente al centro di proiezione. Nel caso delle immagini aFe aE(con il foglio su cui si trova la fig. 9 riprodotto in formato A4), il punto corrispondente al centro di proiezione si trova a circa 48 cm a destra e 34 cm in alto rispetto al centro dell’immagine “aF”, e a 60 cm di distanza dal piano della figura.
Tipicamente si può applicare il metodo PPG a ciascuna delle immagini della copia stereoscopica, con le possibile varianti citate sopra, ma nel caso della stereoscopia esistono varianti ed accorgimenti aggiuntivi.
Facendo riferimento alla fig. 5, si assume di applicare la stessa forma di realizzazione, con le eventuali stesse varianti, a entrambe le immagini della coppia, proiettando la scena dai centri di proiezione CLe CR. Per semplicità di esposizione si assume che i due assi ottici zLe zRsiano paralleli, ma l’esperto dell’arte sa come trattare le immagini stereoscopiche prodotte con assi ottici non paralleli, e in particolare convergenti, come lo sono quelli degli occhi nella visione reale.
Le principali alternative che trattano immagini stereoscopiche, e che si aggiungono alle SVT054
forme di realizzazione sopra descritte, sono le seguenti:
1. mantenere i centri di proiezione CLe CR(fig. 5) nella loro posizione reale; in questo caso anche la distanza interottica rimane quella della posizione reale, ma le distanze di ciascun punto della scena dai due distinti centri di proiezione risulta diversa e può comportare una fastidiosa diversità di correzione verticale fra le due immagini, come indicano le formule (4βx) e (4βz); per evitare questa diversità, nelle suddette due formule al posto delle ascisse xQLe xQR(fig.5), che dovrebbero prendere il posto di xQper l’immagine di sinistra e l’immagine di destra rispettivamente, si può utilizzare un valore comune, per esempio il loro valor medio xQm, dato da:
xQL x
x QR
Qm=(5)
2
Applicando la formula (4yy), cioè le formule (4βx) e (4βz), con xQmal posto di xQ, si commette un errore trascurabile sul valore della coordinata verticale, perché nella pratica il quadrato della differenza fra xQLo xQRe il loro valor medio xQmè molto minore di f<2>, a cui tale quadrato si somma sempre nelle formule (4β.);
2. ruotare il segmento CLCR, insieme con gli stessi centri di proiezione CLe CR, intorno al suo punto medio C, mantenendolo nel piano a cui appartengono gli assi zLe zR, in modo che assuma una direzione ortogonale alla retta proiettante congiungente C con A; in questo caso si pareggiano le distanze di ciascun punto della scena dai due centri di proiezione, ma le rette proiettanti non corrispondono più a quelle originali e la distanza interottica aumenta;
3. ruotare il segmento CLCRcome nel punto precedente, muovendo centri di proiezione CLe CRverso il centro del segmento CLCRin modo da mantenere invariate le rette proiettanti; questa alternativa approssima meglio il criterio di rappresentare l’intorno di ciascun punto della scena come se, nella ripresa o nel disegno, lo sguardo fosse rivolto verso di esso.
Queste tre alternative sono da considerare come esempi non esaustivi né limitativi dei modi in cui nella pratica si può impostare la geometria di riferimento per il metodo di SVT054
calcolo della presente invenzione. L’esperto dell’arte è in grado di proporne anche altre parimenti applicabili. Nell’esempio riportato nella fig. 9 è stata applicata la prima delle tre sopra descritte.
La fig. 10 mostra uno schema a blocchi semplificato di un apparato che applica il metodo di correzione secondo la presente invenzione. Un apparato per l'elaborazione delle immagini 1 secondo l'invenzione, come ad esempio una macchina fotografica o una telecamera o altro, comprende mezzi di acquisizione immagini 1001, mezzi di ingresso/uscita 1002, un'unità di elaborazione centrale (CPU) 1003, una memoria di sola lettura 1004, una memoria ad accesso casuale (RAM) 1005 e mezzi per la produzione di immagini elaborate 1006. Tutti questi elementi dell'apparato 1 sono in comunicazione di segnale, così da permettere il mutuo scambio di dati fra qualsiasi coppia di tali elementi. I mezzi di acquisizione immagini 1001 sono in grado di acquisire sia immagini bidimensionali sia coppie di immagini stereoscopiche. Se le immagini sono corredate dalla rispettiva mappa di profondità e da dati che consentono di risalire alla geometria con cui esse sono state generate (ad esempio la lunghezza focale, l'angolo di campo, l'inclinazione del sensore o altro), i mezzi di acquisizione immagini 1001 acquisiscono anche questi dati. Altrimenti alcuni dati possono essere impostati tramite un'interfaccia utente (non illustrata nelle figure) che è in comunicazione di segnale con i mezzi di ingresso/uscita 1002, mentre, nel caso di immagini stereoscopiche, la mappa di profondità può anche essere prodotta dall’apparato 1 stesso, come si dirà più avanti. L’interfaccia utente consente anche di impostare le opzioni e le varianti, con i relativi parametri, che l’utilizzatore preferisce utilizzare nella circostanza contingente. Ad esempio, si possono scegliere le seguenti impostazioni:
− il tipo di combinazione del metodo PPG con la prospettiva lineare, assegnando i parametri che la caratterizzano (tse tfnel caso della funzione illustrata nella fig.
8);
− l’alternativa fra l’uso della formula (4αxa) e l’uso della formula (4αx);
− nel caso si utilizzi la formula (4αx), definire la precisione da raggiungere nell’integrazione numerica;
− la posizione del punto di vista rispetto al quale si applicano le elaborazioni del metodo PPG;
SVT054
− nel caso in cui il punto di vista rispetto al quale si applicano le elaborazioni del metodo PPG ha una posizione variabile, i parametri che ne caratterizzano la variabilità;
− nel caso della stereoscopia, l’alternativa da assumere sul posizionamento dei due centri di proiezione.
Il punto di vista rispetto al quale si applicano le elaborazioni del metodo dell’invenzione può essere diverso dal centro di proiezione C (v. fig.1) rispetto al quale l’immagine da elaborare è stata generata. Date le coordinate di Q e la profondità di A e calcolata con esse la posizione di A nello spazio tridimensionale, si può infatti determinare la proiezione di A su qualsiasi piano e da qualsiasi punto di vista. Elaborare l’immagine da un punto di vista diverso dal centro di proiezione C consente di apportare correzioni particolari all’immagine e di produrre utili immagini artificiali, come quelle utilizzabili nella stereoscopia per riempire lacune, di cui si parlerà in seguito.
L'unità di elaborazione centrale (CPU - Central Processing Unit) 1003 è la parte dell’apparato che esegue gli algoritmi di calcolo, comprese delle operazioni complementari che, dopo l’applicazione della tecnica PPG, servono per completare la correzione delle immagini da restituire. Di queste operazioni si parlerà nel commentare la fig.11.
Come è noto al tecnico del ramo, l'unità di elaborazione centrale 1003 potrebbe in realtà comprendere circuiti integrati appositamente sviluppati, uno o più microprocessori, circuiti di logiche programmabili (ad es. CPLD, FPGA) e altro. Queste e altre possibilità realizzative non anticipano né rendono ovvi gli insegnamenti della presente l’invenzione.
La memoria di sola lettura 1004 è preferibilmente impiegata per memorizzare in maniera permanentemente alcune istruzioni di gestione dell’apparato e le istruzioni che realizzano gli algoritmi di calcolo, mentre la memoria ad accesso casuale (RAM) 1005 serve tipicamente per memorizzare temporaneamente le immagini e i risultati intermedi delle elaborazioni.
Infine, i mezzi per la produzione di immagini elaborate 1006 provvedono alla restituzione delle immagini elaborate, ad esempio trasferendole dalla memoria RAM 1005 ai mezzi di ingresso/uscita 1002, così che tali mezzi 1002 possano provvedere al salvataggio di dette immagini elaborate in una memoria permanente (ad esempio un SVT054
hard-disk o una memoria di tipo Flash come una Secure Digital, MMC o altro), alla loro visualizzazione su uno o più schermi o altri mezzi di visualizzazione (non illustrati nelle figure allegate), alla loro stampa, e ad altro.
Con riferimento alla fig.11, sarà ora descritto il processo di correzione di un’immagine bidimensionale o di una coppia di immagini stereoscopiche. Per semplicità, nella fig. 11 non si fa distinzione fra immagini monoscopiche e immagini stereoscopiche, poiché, vista la descrizione precedente, al tecnico del ramo sarà chiaro come si applica il metodo secondo l'invenzione ad entrambi i casi. Nel caso di immagini stereoscopiche l’elaborazione può avvenire distintamente per ciascuna immagine, in elaborazioni successive, oppure in parallelo sulle due immagini. Fra queste due alternative non vi sono differenze sostanziali, considerato che il metodo della presente invenzione si applica in ogni caso distintamente alle singole immagini.
Il processo di attuazione dell'invenzione può comprendere le seguenti fasi:
− fase di avvio 1101, durante la quale l'apparato 1 viene configurato per processare almeno un'immagine;
− fase di impostazione 1102, durante la quale si acquisiscono le impostazioni e i dati che l’utilizzatore intende fornire manualmente per l'elaborazione di almeno detta immagine;
− fase di acquisizione immagine 1103, durante la quale si acquisisce l’immagine da elaborare mediante i mezzi di acquisizione immagini 1001 e la si trasferisce preferibilmente nella memoria RAM 1005 (per semplicità si assume che, a valle della fase 1103, le immagini siano in forma numerica e, nel caso in cui esse fossero disponibili in altra forma, il tecnico del ramo sa come convertirle in forma numerica); si intende che l’immagine acquisita nella fase 1103 sia corredata dei dati che definiscono la geometria secondo cui l’immagine è stata generata e che con essa sia possibilmente fornita anche la mappa di profondità, o siano forniti dati che consentono di determinarla; nelle successive fasi 1104 e 1105 si considera il caso in cui la mappa di profondità non è fornita in questa fase 1103;
− fase di verifica presenza mappa di profondità 1104, durante la quale si determina se sia disponibile o no la mappa di profondità;
− fase di calcolo mappa di profondità 1105, durante la quale l'apparato 1 genera la SVT054
mappa di profondità secondo uno dei metodi noti al tecnico del ramo;
− fase di elaborazione 1106, durante la quale l'apparato 1, utilizzando la mappa di profondità, acquisita nella fase 1103 o calcolata nel corso della fase 1105, determina, nello spazio tridimensionale, la posizione dei punti corrispondenti ai pixel dell’immagine acquisita durante la fase 1103 e applica ad essi l’algoritmo di correzione della posizione, secondo l'invenzione; il risultato della fase 1106 è una matrice che indica la posizione che i pixel dell’immagine acquisita nella fase 1103 devono assumere a seguito della suddetta elaborazione; in questa fase non si attuano spostamenti di pixel, per evitare di dover ripetere questo tipo di operazione dopo le ulteriori elaborazioni previste nelle fasi successive;
− fase di ridimensionamento 1107, durante la quale l'apparato 1 può ingrandire o rimpicciolire l’immagine elaborata nella fase 1106; il ridimensionamento consiste nel ricalcolare, a partire dal risultato della fase 1106, la posizione che i pixel dell’immagine elaborata devono assumere a seguito del ridimensionamento che si applica in questa fase 1107;
− fase di eliminazione delle sovrapposizioni, durante la quale, come si spiegherà in seguito, si risolvono i conflitti fra pixel che risultano sovrapposti;
− fase di spostamento dei pixel e riempimento lacune 1109, durante la quale si attua lo spostamento dei pixel e, come si spiegherà in seguito, si riempiono le lacune; − fase di restituzione dell’immagine elaborata 1110, durante la quale l'immagine è preferibilmente memorizzata in un'aerea della memoria RAM 1005, o di altra memoria, e resa disponibile per visualizzazioni, stampe, invio ad altri apparati, e altre operazioni;
− fase finale 1111, che denota la fine del processo.
Quando l'apparato 1 si trova in una condizione di funzionamento, detto apparato 1 entra, successivamente alla fase di avvio 1101, nella fase di impostazione 1102 per poi entrare, contemporaneamente o di seguito, nella fase di acquisizione immagine 1103. Al termine della fase 1103, l'apparato 1 verifica la disponibilità di una mappa di profondità (fase 1104) per quanto acquisito durante la fase 1103; se la mappa di profondità è disponibile, l'apparato 1 entra nella fase di elaborazione 1106, se invece la mappa non è presente, l'apparato entra nella fase di calcolo mappa di profondità 1105 prima di SVT054
procedere con la fase di elaborazione 1106. Successivamente alla fase 1106, l'apparato può opzionalmente compiere la fase di ridimensionamento 1107. Dopodiché, l'apparato 1 procede con la fase di eliminazione delle sovrapposizioni 1108, seguita dalla fase di spostamento dei pixel e riempimento lacune 1109 e poi dalla fase di restituzione dell’immagine elaborata 1110. A conclusione del processo si arriva alla fase finale 1111.
Nella fase 1106 si applica la tecnica PPG della presente invenzione, in una delle forme di realizzazione sopra descritte.
Riassumendo, i mezzi di elaborazione 1003 e di memoria 1004 e 1005 dell'apparato 1 sono configurati per correggere l'immagine rappresentata sul piano 401, che è stata generata secondo le regole della prospettiva lineare rispetto al centro di proiezione C e comprende almeno un primo punto Q, dove detto primo punto Q è il risultato dalla proiezione prospettica attraverso il centro di proiezione C del secondo punto A di una regione dello spazio tridimensionale; per fare questo i mezzi di elaborazione 1003 e di memoria 1004 e 1005 eseguono il metodo secondo l'invenzione che comprende le seguenti fasi:
a) calcolare la posizione del secondo punto A nello spazio tridimensionale;
<�>
b) calcolare, in base a un primo spostamento incrementale∆ adel secondo punto A nello spazio tridimensionale, un secondo spostamento<�>
incrementale∆ pdi un terzo punto P, dove detto terzo punto P è il risultato della proiezione prospettica su un piano ausiliario π di detto secondo punto A attraverso il punto di vista V, e dove detto piano ausiliario π è diverso dal piano su cui giace l'immagine 401; c) ricavare, in base a detto secondo spostamento incrementale∆ p<�>calcolato nel corso della fase b), un gradiente di una nuova posizione in cui rappresentare detto secondo punto A sul piano dell'immagine 401; d) ricavare, attraverso il calcolo di un integrale di almeno una delle componenti di detto gradiente ricavato nel corso della fase c), una nuova posizione in cui rappresentare il secondo punto A sul piano dell’immagine 401;
e) spostare, nel piano dell’immagine 401, il primo punto Q dalla posizione SVT054
risultante dalla proiezione prospettica rispetto al centro di proiezione C a detta nuova posizione ricavata nel corso della fase d).
È da notare che le correzioni apportate dal metodo PPG determinano spostamenti di pixel che, tipicamente, avvicinano al centro del quadro le parti di immagine che sono significativamente disassate dall’asse ottico, comportando la possibilità che si creino lacune e sovrapposizioni di pixel.
Infatti, quando a seguito delle correzioni della prospettiva o di un ridimensionamento, una zona dell’immagine si sposta, alcuni pixel di questa zona possono sovrapporsi ai pixel di zone che non si spostano, o che si spostano di meno, o che si spostano in direzioni diverse. Per risolvere questi conflitti si può, ad esempio, far occupare una posizione contesa dal pixel che ha profondità minore (il pixel che si trova a distanza minore dal piano xy copre la visione di quello più lontano).
Il tecnico del ramo può risolvere i conflitti tra pixel utilizzando tecniche differenti da quella sopra descritta, senza comunque allontanarsi dagli insegnamenti della presente invenzione.
Così come una correzione della posizione di un pixel può creare una sovrapposizione, la stessa, o un’altra correzione, può generare una lacuna, se il pixel che lascia una posizione per occuparne un’altra non è rimpiazzato da uno che si sposta nella posizione lasciata libera. Anche il riempimento delle lacune è un problema di cui il tecnico del ramo conosce soluzioni (ad es. interpolazioni secondo uno dei metodi di “inpainting”), ma, nel caso della stereoscopia, il metodo della presente invenzione può essere vantaggiosamente utilizzato per una nuova soluzione. Con la stereoscopia si hanno, infatti, due immagini corrispondenti a una stessa scena vista da due punti di vista diversi. Elaborando con il metodo PPG, nel corso della fase 1109, le due immagini, lo spostamento correttivo di un punto dell’immagine di sinistra è generalmente diverso dallo spostamento correttivo del punto omologo dell’immagine di destra. Inoltre i contenuti delle due immagini sono diversi (si pensi ad esempio che alcune zone della scena sono coperte da oggetti ad essi antistanti e che le zone invisibili da uno dei due punti di vista possono essere visibili dall’altro). Si possono dunque riempire, almeno in parte, le lacune di ciascuna delle due immagini elaborate con un'opportuna elaborazione dell’altra. Ad esempio, un modo per riempire le lacune dell’immagine di sinistra (destra) è di sovrapporre questa ad un’immagine “artificiale”, ottenuta elaborando SVT054
l’immagine di destra (sinistra) assumendo come centro di proiezione lo stesso centro di proiezione dell’immagine di sinistra (destra). Trattate le lacune con questa tecnica, se rimangono ancora posizioni di pixel vuote, si possono applicare metodi di arte nota (es. metodi di “inpainting”) per completare i riempimenti partendo da pixel noti dell’immagine.
Risulta vantaggioso che lo spostamento dei pixel e il riempimento delle lacune, che avvengono durante la fase 1109, siano attuati sulle immagini già ridimensionate e dopo la risoluzione dei conflitti, ossia a valle della fase 1108, poiché i ridimensionamenti possono generare essi stessi sovrapposizioni e lacune.
Nelle comuni circostanze in cui le immagini riprodotte su schermi o su stampati sono osservate da punti non corrispondenti al centro di proiezione rispetto al quale sono state generate, l’applicazione del metodo PPG, descritta nella presente invenzione, migliora la visione delle immagini degli oggetti che si trovano in posizioni disassate rispetto alla direzione di puntamento dell’obiettivo di ripresa. Questi miglioramenti sono evidenti nella visione monoscopica e ancor più nella visione stereoscopica.
In assenza del metodo PPG della presente invenzione, per contenere entro limiti accettabili le deformazioni caratteristiche della prospettiva lineare, nella pittura, nella fotografia e nella cinematografia si cerca di confinare gli angoli di campo delle riprese entro valori stringenti. Ciò però comporta condizionamenti indesiderabili, poiché non sempre vi è la possibilità di riprendere le scene con obiettivi telescopici che hanno un ridotto angolo di campo. La tecnica PPG, applicata in tempo reale nel corso delle riprese o in tempi successivi sulle immagini acquisite, consente di riprendere scene con angoli di campo più ampi dei limiti attualmente consigliati, con notevoli vantaggi sia per le riprese stereoscopiche sia per le riprese monoscopiche.
L’approssimazione di integrali di cui non esiste la primitiva con espressioni in forma chiusa, come l’approssimazione dell’integrale 4αx con la formula 4αxa, riduce sostanzialmente il carico elaborativo necessario per applicare il metodo PPG, producendo notevoli vantaggi dal punto di vista dell'applicabilità del metodo, così da renderlo particolarmente interessante per applicazioni dove è necessario processare le immagini in tempo reale (ad esempio dirette televisive o altro).
Grazie a numerose varianti che possono essere applicate del tutto coerentemente con i principi di novità insiti nell'idea inventiva della presente invenzione, la tecnica PPG SVT054
risulta molto versatile ed ottimizzabile per diversi tipi di applicazioni e di apparati, caratterizzati da capacità elaborative anche molto diverse.
Per esempio la tecnica PPG può essere impiegata per la correzione delle deformazioni presenti nei flussi video, applicandola su ogni immagine che li compone. Questo vale sia per i flussi video 2D sia per quelli 3D, nel qual caso la tecnica deve essere applicata su ciascun'immagine delle coppie stereoscopiche formanti il flusso video 3D.
Alcune delle possibili varianti sono state descritte sopra, ma è chiaro al tecnico del ramo che, nell’attuazione pratica, esistono anche altre forme di realizzazione, con diversi elementi che possono essere sostituiti da altri tecnicamente equivalenti. La presente invenzione non è dunque limitata agli esempi illustrativi descritti, ma è suscettibile di varie modifiche, perfezionamenti, sostituzioni di parti e di elementi equivalenti senza comportare scostamenti dall’idea inventiva di base, come specificato nelle seguenti rivendicazioni.

Claims (28)

  1. SVT054 RIVENDICAZIONI 1. Apparato (1) comprendente - mezzi di acquisizione immagini (1001) atti ad acquisire un’immagine (401) che risiede su un dato piano di proiezione, dove detta immagine (401) è stata generata secondo le regole della prospettiva lineare proiettando una regione dello spazio tridimensionale su detto piano di proiezione attraverso un centro di proiezione (C), e dove detta immagine (401) comprende almeno un primo punto (Q) che rappresenta la proiezione, secondo detta prospettiva lineare, di un secondo punto (A) compreso in detta regione tridimensionale, - mezzi di acquisizione di un insieme di dati sufficienti a determinare la posizione di detto centro di proiezione (C) rispetto a detto piano di proiezione e la profondità di detto secondo punto (A) nello spazio tridimensionale, - mezzi di memoria (1004,1005), - mezzi di elaborazione (1003), caratterizzato dal fatto che detti mezzi di elaborazione (1003) e di memoria (1004,1005) sono configurati per correggere l'immagine (401), in modo da ridurre le deformazioni della rappresentazione di detta regione tridimensionale, che appaiono quando detta immagine (401) è osservata da un punto di osservazione non corrispondente a detto centro di proiezione (C), compiendo le fasi di a) calcolare la posizione nello spazio tridimensionale di detto secondo punto (A) in base alla posizione del primo punto (Q), alla posizione del centro di proiezione (C) e alla profondità di detto secondo punto (A), <�> b) calcolare, in base a un primo spostamento incrementale (∆ a) di detto secondo punto (A) nello spazio tridimensionale, un secondo spostamento incrementale (∆ p<�> ) di un terzo punto (P), dove detto terzo punto (P) è il risultato della proiezione prospettica su un piano ausiliario (402) di detto secondo punto (A) attraverso un punto di vista (V), e dove detto piano ausiliario (402) è diverso dal piano su cui giace l'immagine (401), c) ricavare, in base a detto secondo spostamento incrementale (∆ p<�> ) calcolato nel corso della fase b), un gradiente di una nuova posizione in cui rappresentare detto secondo punto (A) su detto piano di proiezione, SVT054 d) ricavare, attraverso il calcolo di un integrale di almeno una delle componenti di detto gradiente ricavato nel corso della fase c), una nuova posizione in cui rappresentare il secondo punto (A) su detto piano di proiezione, e) spostare, nell'immagine (401), il primo punto (Q) nella nuova posizione ricavata nel corso della fase d).
  2. 2. Apparato (1) secondo la rivendicazione 1, in cui, nel calcolo di almeno un integrale fatto nel corso della fase d), la funzione integrale è approssimata mediante una funzione della variabile di integrazione di detta funzione integrale.
  3. 3. Apparato (1) secondo le rivendicazioni 1 o 2, in cui detto piano ausiliario (402) è ortogonale alla retta passante per il secondo punto (A) e il punto di vista (V).
  4. 4. Apparato (1) secondo una qualunque delle rivendicazioni precedenti, in cui la posizione di detto punto di vista (V) è costante e coincidente con la posizione di detto centro di proiezione (C).
  5. 5. Apparato (1) secondo una qualunque delle rivendicazioni da 1 a 3, in cui la posizione di detto punto di vista (V) è variabile in funzione della posizione del secondo punto (A), o in funzione della posizione del primo punto (Q), o in funzione della distanza del primo punto (Q) dal centro di proiezione (C), o in funzione dell’angolo formato da una retta, passante per il centro di proiezione (C) e il secondo punto (A), e un asse ottico che è perpendicolare a detto piano di proiezione e passa per il centro di proiezione (C).
  6. 6. Apparato (1) secondo una qualunque delle rivendicazioni precedenti, in cui la distanza di detto punto di vista (V) da detto piano ausiliario (402) è prefissata ad un valore costante.
  7. 7. Apparato (1) secondo una qualunque delle rivendicazioni da 1 a 5, in cui la distanza di detto punto di vista (V) da detto piano ausiliario (402) è variabile in funzione della distanza di detto punto di vista (V) dal primo punto (Q) o in funzione della distanza di detto punto di vista (V) da detto secondo punto (A), o in funzione dell’angolo formato da una retta, passante per il centro di proiezione (C) e il secondo punto (A), e un asse ottico che è perpendicolare a detto piano di proiezione e passa per il centro di proiezione (C).
  8. 8. Apparato (1) secondo una qualunque delle rivendicazioni precedenti, in cui SVT054 almeno una delle componenti della nuova posizione in cui rappresentare il secondo punto (A) calcolata nel corso della fase d) è moltiplicata per una variabile che è funzione di uno o più parametri che possono comprendere la distanza del secondo punto (A), o di detto primo punto (Q), dal centro di proiezione (C), l’angolo formato da una retta, passante per il centro di proiezione (C) e il secondo punto (A), e un asse ottico che è perpendicolare a detto piano di proiezione e passa per il centro di proiezione (C), altri parametri facenti parte del contesto dello spazio rappresentato in detta immagine (401) e/o del contesto in cui detta immagine (401) è generata e/o del contesto di riproduzione al quale detta immagine (401) è destinata.
  9. 9. Apparato (1) secondo una qualunque delle rivendicazioni precedenti, in cui almeno una delle componenti della nuova posizione in cui rappresentare il secondo punto (A), calcolata nel corso della fase d), è combinata con almeno una componente della posizione precedente di detto secondo punto (A).
  10. 10. Apparato (1) secondo una qualunque delle rivendicazioni precedenti, in cui l'immagine (401) comprende una coppia di immagini stereoscopiche, e dove le fasi a)-e) sono applicate alle due immagini di detta coppia di immagini stereoscopiche.
  11. 11. Apparato (1) secondo la rivendicazione 10, in cui almeno una delle componenti dei gradienti calcolati nel corso della fase b) è calcolata assumendo una comune coordinata orizzontale.
  12. 12. Apparato (1) secondo la rivendicazione 11, in cui detta comune coordinata orizzontale corrisponde alla media delle coordinate orizzontali di almeno due punti, che sono rispettivamente compresi nelle due immagini della coppia di immagini stereoscopiche, e dove detti almeno due punti rappresentano la stessa parte della regione tridimensionale.
  13. 13. Apparato (1) secondo una qualunque delle rivendicazioni da 10 a 12, in cui detti mezzi di elaborazione (1003) e di memoria (1004,1005) sono configurati per correggere l'immagine (401) compiendo anche una fase di riempimento lacune, dove, nel caso in cui l'esecuzione della fase e) su una prima immagine di detta coppia di immagini stereoscopiche generi una prima immagine elaborata che comprende almeno una lacuna, questa fase di riempimento lacune tenta di SVT054 riempire almeno detta una lacuna sovrapponendo detta prima immagine elaborata a una seconda immagine elaborata, dove la seconda immagine elaborata è ottenuta, almeno nell'area di detta lacuna, applicando le fasi a)-e) ad una seconda immagine di detta coppia di immagini stereoscopiche, assumendo come centro di proiezione lo stesso della prima immagine della coppia di immagini stereoscopiche.
  14. 14. Metodo per correggere un'immagine (401) che risiede su un piano di proiezione e che è stata generata secondo le regole della prospettiva lineare, proiettando su detto piano di proiezione una regione dello spazio tridimensionale attraverso un centro di proiezione (C), in modo da ridurre le deformazioni della rappresentazione di detta regione tridimensionale che appaiono quando detta immagine (401) è osservata da un punto di osservazione non corrispondente a detto centro di proiezione (C), l'immagine (401) comprendendo almeno un primo punto (Q) e la regione tridimensionale comprendendo almeno un secondo punto (A), in cui detto primo punto (Q) è il risultato della proiezione prospettica su detto piano di proiezione del secondo punto (A) attraverso il centro di proiezione (C), caratterizzato dal fatto di comprendere le fasi di a) calcolare la posizione nello spazio tridimensionale di detto secondo punto (A) in base alla posizione del primo punto (Q), alla posizione del centro di proiezione (C) e alla profondità di detto secondo punto (A), <�>b) calcolare, in base a un primo spostamento incrementale (∆ a) di detto secondo punto (A) nello spazio tridimensionale, un secondo spostamento incrementale (∆ p<�> ) di un terzo punto (P), dove detto terzo punto (P) è il risultato della proiezione prospettica su un piano ausiliario (402) di detto secondo punto (A) attraverso un punto di vista (V), e dove detto piano ausiliario (402) è diverso dal piano su cui giace l'immagine (401),<�>c) ricavare, in base a detto secondo spostamento incrementale (∆ p) calcolato nel corso della fase b), un gradiente di una nuova posizione in cui rappresentare detto secondo punto (A) su detto piano di proiezione, d) ricavare, attraverso il calcolo di un integrale di almeno una delle componenti di detto gradiente ricavato nel corso della fase c), una nuova SVT054 posizione in cui rappresentare il secondo punto (A) su detto piano di proiezione, e) spostare, nell'immagine (401), il primo punto (Q) nella nuova posizione ricavata nel corso della fase d).
  15. 15. Metodo secondo la rivendicazione 14, in cui, nel calcolo di almeno un integrale fatto nel corso della fase d), la funzione integrale è approssimata mediante una funzione della variabile di integrazione di detta funzione integrale.
  16. 16. Metodo secondo le rivendicazioni 14 o 15, in cui detto piano ausiliario (402) è ortogonale alla retta passante per il secondo punto (A) e il punto di vista (V).
  17. 17. Metodo secondo una qualunque delle rivendicazioni da 14 a 16, in cui la posizione di detto punto di vista (V) è costante e coincidente con la posizione di detto centro di proiezione (C).
  18. 18. Metodo secondo una qualunque delle rivendicazioni da 14 a 16, in cui la posizione di detto punto di vista (V) è variabile in funzione della posizione del secondo punto (A), o in funzione della posizione del primo punto (Q), o in funzione della distanza del primo punto (Q) dal centro di proiezione (C), o in funzione dell’angolo formato da una retta, passante per il centro di proiezione (C) e il secondo punto (A), e un asse ottico che è perpendicolare a detto piano di proiezione e passa per il centro di proiezione (C).
  19. 19. Metodo secondo una qualunque delle rivendicazioni da 14 a 18, in cui la distanza di detto punto di vista (V) da detto piano ausiliario (402) è prefissata ad un valore costante.
  20. 20. Metodo secondo una qualunque delle rivendicazioni da 14 a 18, in cui la distanza di detto punto di vista (V) da detto piano ausiliario (402) è variabile in funzione della distanza di detto punto di vista (V) dal primo punto (Q) o in funzione della distanza di detto punto di vista (V) da detto secondo punto (A), o in funzione dell’angolo formato da una retta, passante per il centro di proiezione (C) e il secondo punto (A), e un asse ottico che è perpendicolare a detto piano di proiezione e passa per il centro di proiezione (C).
  21. 21. Metodo secondo una qualunque delle rivendicazioni da 14 a 20, in cui almeno una delle componenti della nuova posizione in cui rappresentare il secondo punto (A) calcolata nel corso della fase d) è moltiplicata per una variabile che è SVT054 funzione di uno o più parametri che possono comprendere la distanza del secondo punto (A), o di detto primo punto (Q), dal centro di proiezione (C), l’angolo formato da una retta, passante per il centro di proiezione (C) e il secondo punto (A), e un asse ottico che è perpendicolare a detto piano di proiezione e passa per il centro di proiezione (C), altri parametri facenti parte del contesto dello spazio rappresentato in detta immagine (401) e/o del contesto in cui detta immagine (401) è generata e/o del contesto di riproduzione al quale detta immagine (401) è destinata.
  22. 22. Metodo secondo una qualunque delle rivendicazioni da 14 a 21, in cui almeno una delle componenti della nuova posizione in cui rappresentare il secondo punto (A) calcolata nel corso della fase d), è combinata con almeno una componente della posizione precedente di detto secondo punto (A).
  23. 23. Metodo secondo una qualunque delle rivendicazioni da 14 a 22, in cui l'immagine (401) comprende una coppia di immagini stereoscopiche, e dove le fasi a)-e) sono applicate alle due immagini di detta coppia di immagini stereoscopiche.
  24. 24. Metodo secondo la rivendicazione 23, in cui almeno una delle componenti dei gradienti calcolati nel corso della fase b) è calcolata assumendo una comune coordinata orizzontale.
  25. 25. Metodo secondo la rivendicazione 24, in cui detta comune coordinata orizzontale corrisponde alla media delle coordinate orizzontali di almeno due punti, che sono rispettivamente compresi nelle due immagini della coppia di immagini stereoscopiche, e dove detti almeno due punti rappresentano la stessa parte della regione tridimensionale.
  26. 26. Metodo secondo una qualunque delle rivendicazioni da 23 a 25, comprendente anche una fase di riempimento lacune, dove, nel caso in cui l'esecuzione della fase e) su una prima immagine di detta coppia di immagini stereoscopiche generi una prima immagine elaborata che comprende almeno una lacuna, questa fase di riempimento lacune tenta di riempire almeno detta una lacuna sovrapponendo detta prima immagine elaborata a una seconda immagine elaborata, dove la seconda immagine elaborata è ottenuta, almeno nell'area di detta lacuna, applicando le fasi a)-e) ad una seconda immagine di detta coppia SVT054 di immagini stereoscopiche, assumendo come centro di proiezione lo stesso della prima immagine della coppia di immagini stereoscopiche.
  27. 27. Prodotto informatico caricabile nella memoria di un elaboratore elettronico e comprendente porzione di codice software per attuare i passi del procedimento secondo una qualsiasi delle rivendicazioni da 14 a 26.
  28. 28. Mezzi leggibili da calcolatore comprendenti un programma registrato, detti mezzi leggibili da calcolatore comprendendo mezzi di codifica di programma atti a realizzare il metodo secondo una qualsiasi delle rivendicazioni da 14 a 26, quando detto programma è fatto eseguire su un calcolatore.
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