ITMI20131529A1 - Dispositivo per lo scavo di diaframmi - Google Patents

Dispositivo per lo scavo di diaframmi

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ITMI20131529A1
ITMI20131529A1 IT001529A ITMI20131529A ITMI20131529A1 IT MI20131529 A1 ITMI20131529 A1 IT MI20131529A1 IT 001529 A IT001529 A IT 001529A IT MI20131529 A ITMI20131529 A IT MI20131529A IT MI20131529 A1 ITMI20131529 A1 IT MI20131529A1
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IT
Italy
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shells
pair
valves
bucket
excavation
Prior art date
Application number
IT001529A
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English (en)
Inventor
Ezio Biserna
Jasmin Curic
Marco Pedrelli
Stefano Trevisani
Original Assignee
Soilmec Spa
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Filing date
Publication date
Application filed by Soilmec Spa filed Critical Soilmec Spa
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Priority to US14/485,939 priority patent/US9284715B2/en
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    • EFIXED CONSTRUCTIONS
    • E02HYDRAULIC ENGINEERING; FOUNDATIONS; SOIL SHIFTING
    • E02FDREDGING; SOIL-SHIFTING
    • E02F3/00Dredgers; Soil-shifting machines
    • E02F3/04Dredgers; Soil-shifting machines mechanically-driven
    • E02F3/46Dredgers; Soil-shifting machines mechanically-driven with reciprocating digging or scraping elements moved by cables or hoisting ropes ; Drives or control devices therefor
    • E02F3/47Dredgers; Soil-shifting machines mechanically-driven with reciprocating digging or scraping elements moved by cables or hoisting ropes ; Drives or control devices therefor with grab buckets
    • E02F3/475Dredgers; Soil-shifting machines mechanically-driven with reciprocating digging or scraping elements moved by cables or hoisting ropes ; Drives or control devices therefor with grab buckets for making foundation slots
    • EFIXED CONSTRUCTIONS
    • E02HYDRAULIC ENGINEERING; FOUNDATIONS; SOIL SHIFTING
    • E02DFOUNDATIONS; EXCAVATIONS; EMBANKMENTS; UNDERGROUND OR UNDERWATER STRUCTURES
    • E02D17/00Excavations; Bordering of excavations; Making embankments
    • E02D17/13Foundation slots or slits; Implements for making these slots or slits
    • EFIXED CONSTRUCTIONS
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    • E02FDREDGING; SOIL-SHIFTING
    • E02F3/00Dredgers; Soil-shifting machines
    • E02F3/04Dredgers; Soil-shifting machines mechanically-driven
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    • E02F3/14Buckets; Chains; Guides for buckets or chains; Drives for chains
    • E02F3/144Buckets; Chains; Guides for buckets or chains; Drives for chains emptying or cleaning the buckets, e.g. in combination with spoil removing equipment

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Description

DISPOSITIVO PER LO SCAVO DI DIAFRAMMI
La presente invenzione si riferisce a un dispositivo di scavo del tipo a benne mordenti, utilizzabile nel settore delle fondazioni e, più specificamente, per la realizzazione di diaframmi strutturali o di impermeabilizzazione.
Per diaframma strutturale si intende in sintesi una trincea di grande profondità configurata per isolare una determinata porzione di terreno. La trincea, che può avere uno spessore variabile tra alcune decine di centimetri e circa un paio di metri, può essere lunga anche centinaia di metri. Tale trincea viene realizzata scavando in sequenza una pluralità di settori rettangolari. Ognuno di questi settori rettangolari viene riempito con miscela cementizia e, se necessario, può essere armato con una gabbia di acciaio o con travi IPE.
Le attrezzature principalmente adatte allo scavo dei settori rettangolari che vanno a formare un diaframma strutturale sono le benne, idrauliche o a fune, e le frese. Benne e frese hanno la comune peculiarità di essere appese a una macchina portatrice tramite una fune svolta da un argano. Tale macchina portatrice è generalmente costituita da un carro cingolato, da una torretta rotante rispetto al carro e da un braccio inclinabile rispetto alla torretta, al quale viene appesa la benna o la fresa. Tradizionalmente la macchina è una gru o una perforatrice. Il corpo della benna e/o della fresa è sufficientemente lungo e pesante da auto-guidarsi nel terreno scavato, come se fosse un pendolo. In alcuni casi, in presenza di conformazioni geologiche particolari o di scavi profondi, tali benne e frese possono essere provviste di mezzi di misura della deviazione e di dispositivi di correzione della verticalità, comunemente noti nel settore come flap, rotelle, scarponi, ecc.
In particolare, una benna è provvista, nella parte inferiore del proprio corpo, di una coppia di valve o mandibole che realizzano la sezione rettangolare di scavo. Queste valve sono azionate tramite un sistema di funi e carrucole nella benna cosiddetta a fune o meccanica, e tramite un pistone idraulico nella benna idraulica. L’estrazione del materiale di risulta si attua tramite il sollevamento di tutta la benna dal fondo dello scavo fino al piano campagna, dove tale benna viene svuotata, di solito direttamente su un dumper.
Le frese sono meccanicamente più complesse e più costose rispetto alle benne perché dotate di ruote taglienti e pompe idrauliche di aspirazione dei detriti e il loro utilizzo richiede più potenza idraulica. Le frese, essendo più pesanti delle benne, offrono migliori garanzie di verticalità ma il loro utilizzo risulta vantaggioso solo nei terreni duri, nei quali sono più performanti delle benne, e negli scavi di grande profondità.
Le benne risultano invece più semplici ed economiche delle frese per quanto riguarda la loro produzione e la successiva manutenzione. Le benne richiedono minore potenza delle frese, ma hanno il difetto di alesare le pareti del foro realizzato durante ogni fase di transito sia in discesa, sia in risalita (lo scavo è di tipo discontinuo). Esse presentano una capacità di stoccaggio relativamente limitata durante ogni singolo ciclo di lavoro. Nei terreni duri, inoltre, l’avanzamento di una benna è estremamente limitato e deve essere facilitato con l’ausilio di scalpelli e grappini. Risulta infine evidente che una benna perde efficacia col crescere della profondità dello scavo, poiché con quest’ultima aumenta il tempo per ottenere un volume sempre costante di materiale estratto.
Indipendentemente dalla convenienza o meno di utilizzare una benna piuttosto che una fresa, si rileva che le attuali benne non sono esenti da alcuni inconvenienti. La benna, dovendo essere inserita ed estratta più volte nello scavo per raggiungere la profondità desiderata, deve necessariamente essere semplice nell’utilizzo e nella forma costruttiva. Durante la salita e la discesa, oltre a riavvolgere e svolgere la fune di sostentamento, è necessario riavvolgere e svolgere anche tutti i tubi idraulici e i cavi elettrici che comandano gli attuatori della benna e questo implica complicazioni meccaniche, maggiori usure, maggiore esposizione a danneggiamenti e costi aggiuntivi. Nella maggior parte dei casi questo comporta che si preferisca alimentare solo il cilindro che comanda le valve e che, in alcuni casi, si preferiscano le benne meccaniche comandate a fune. La quota di 40-70 metri è convenzionalmente quella che delimita questo virtuale limite di convenienza, considerando che quando gli scavi diventano profondi sorge la necessità di dotare le benne sia di strumentazioni aggiuntive per il controllo di verticalità, sia di flap di correzione comandati da attuatori idraulici. Le suddette considerazioni si basano anche sull’analisi di come la profondità influenzi i tempi del ciclo di lavoro di una benna standard, che si attua in sei fasi distinte:
1) posizionamento sullo scavo;
2) discesa entro il fluido stabilizzante (se presente) fino al fondo dello scavo;
3) parziale risalita, rilascio in caduta libera della fune in modo che le valve penetrino nel fondo dello scavo, chiusura delle valve e raccolta del terreno da asportare (fase attiva); questa fase può essere ripetuta più volte a seconda dei tipi di terreno e della facilità di riempimento;
4) risalita dal fondo dello scavo con le valve piene di terreno fino a estrarre completamente la benna dallo scavo;
5) rotazione della macchina portatrice in direzione del dumper o del mucchio di accumulo;
6) scarico della benna.
Per raggiungere la profondità di scavo desiderata, il suddetto ciclo deve essere ripetuto per un numero di volte proporzionale al volume di terreno asportabile in ogni ciclo. Le fasi 1, 3, 5 e 6 hanno la stessa durata indipendentemente dalla profondità raggiunta entro lo scavo. La durata delle fasi 2 e 4 è invece proporzionale alla profondità dello scavo. Nei primi metri la profondità dello scavo è quasi ininfluente nell’economia del singolo ciclo di lavoro, ma con l’aumentare della profondità la durata delle fasi 2 e 4 tende a superare, e anche di molto, la somma della durata delle altre quattro fasi.
Esistono margini di miglioramento, anche se piuttosto esigui. La fase di risalita è regolata dalla velocità dell’argano, ma la benna chiusa e carica di detriti che risale lungo lo scavo pieno di liquido stabilizzante si comporta come il pistone di una siringa. Non è pertanto opportuno aumentare eccessivamente la velocità di risalita della benna, poiché si favorirebbe un effetto di risucchio che potrebbe compromettere la stabilità delle pareti dello scavo.
La fase di discesa lascia qualche margine di intervento. Creando opportune luci e scarichi nelle carpenterie della benna o delle valve, e cioè curando l’idrodinamicità dei piani e delle superfici, si può agevolare il deflusso del fluido di stabilizzazione attraverso la benna stessa, così da ridurre il tempo di discesa nello scavo, ma il guadagno non sarebbe di quelli apprezzabili (vedere documento EP 2 484 837 A1, descritto più in dettaglio nel seguito).
Migliore opportunità può dare una ottimizzazione della capacità di carico della benna, tentando di aumentare la quantità di materiale estratto durante ogni singolo ciclo di lavoro. In tal modo si renderebbe economicamente più redditizio ogni ciclo, riducendo nel contempo, in virtù dell’aumentato volume di stoccaggio, il numero di cicli per realizzare uno scavo di profondità predefinita.
Allo stato della tecnica sono stati fatti tentativi per ridurre i tempi improduttivi delle fasi di lavoro delle benne, nonché per aumentare la capacità di stoccaggio sfruttabile in ogni singolo ciclo. Ad esempio, il documento EP 2 484 837 A1 si propone di migliorare l’idrodinamicità di una benna scarica nella sua discesa verso il fondo dello scavo, grazie alla presenza di aperture o fori ottenuti nel cielo delle valve aperte. Questa caratteristica dovrebbe agevolare il deflusso del fluido di stabilizzazione dello scavo da sotto a sopra la benna. La dimensione di queste aperture o fori è però limitata dalla geometria delle valve e quindi la riduzione di attrito è minima, così come è minima la riduzione dei tempi di discesa della benna.
Il documento EP 1 614 813 A1 a nome della stessa richiedente propone un’apparecchiatura a benna comunque appesa a una fune e adatta a essere calata in uno scavo, ma in cui la benna è composta da quattro tubi di grande diametro, saldati tangenzialmente l’uno all’altro così da essere inscritti in un rettangolo che rappresenta le dimensioni dello scavo da realizzare. I tubi vengono collocati nello scavo in direzione verticale. Ogni tubo, della lunghezza di alcuni metri, porta nella sua sommità un motore idraulico, che trascina in rotazione destra un elemento di elica lungo quanto il tubo e che sporge inferiormente rispetto al tubo stesso. Ogni elica è munita di denti nella sua parte inferiore. Le eliche, nella porzione esterna al tubo, sono compenetranti così da realizzare uno scavo paragonabile a quattro circonferenze lievemente secanti. Le eliche, nel loro moto di rotazione, inglobano il materiale scavato all’interno dei tubi. Quando l’apparecchiatura è piena, la si estrae dallo scavo e la si svuota, ruotando le eliche in senso antiorario.
Una simile apparecchiatura intende quindi realizzare scavi di sezione equivalente a quella di una benna standard, sfruttando però il volume rappresentato dall’altezza dei tubi, più capienti rispetto alle valve, per poter inglobare più materiale in ogni singolo ciclo. In realtà tale effetto si ottiene solo in forma ridotta, soprattutto in presenza di sabbie sciolte, a causa della presenza del fluido di stabilizzazione del foro. Infatti, in pratica, il volume del materiale estratto risulta essere solo una frazione del volume teorico poiché il flusso del liquido stabilizzante, che attraversa il telaio dell’apparecchiatura, non propriamente idrodinamico, disperde buona parte del materiale scavato che ricade in fondo allo scavo. Tale apparecchiatura ha anche lo svantaggio di richiedere tempi maggiori per essere riempita, soprattutto in presenza di terreni coesivi. Inoltre è richiesta una complicazione dell’impianto idraulico e una elevata potenza per alimentare i motori delle eliche.
Scopo della presente invenzione è pertanto quello di realizzare un dispositivo di scavo per diaframmi, del tipo a benne mordenti, che sia in grado di risolvere gli inconvenienti sopra citati della tecnica nota in una maniera estremamente semplice, economica e particolarmente funzionale.
Nel dettaglio, è uno scopo della presente invenzione quello di realizzare un dispositivo di scavo a benna che possieda, a parità di sezione di scavo, una capacità di stoccaggio del terreno scavato tangibilmente superiore a quella di una benna tradizionale. Questo scopo secondo la presente invenzione viene raggiunto realizzando un dispositivo di scavo a benna che mantiene la semplicità costruttiva e di utilizzo delle attuali benne, limitando inoltre le motorizzazioni richieste agli azionamenti addizionali.
Il dispositivo di scavo a benna secondo la presente invenzione, pur risultando più efficiente rispetto agli analoghi dispositivi di tipo noto, risulta particolarmente semplice e orientato al minor costo possibile. Tale dispositivo, proposto in due forme di realizzazione differenti, richiede un allungamento dei tempi per realizzare le suddette fasi 3 e 6, ma offre una capacità di stoccaggio sensibilmente superiore rispetto a quella di una benna tradizionale. Analizzando la durata dei cicli di lavoro in funzione della profondità, il dispositivo di scavo a benna secondo la presente invenzione offre anche la possibilità di usare la benna nel modo tradizionale nelle prime decine di metri dello scavo, vale a dire non usufruendo della capacità di carico maggiorata, così da non allungare i tempi delle fasi 3 e 6, e di sfruttare invece la capacità cumulativa solamente quando la durata delle fasi di discesa e risalita diventa considerevole.
Le caratteristiche e i vantaggi di un dispositivo di scavo a benna secondo la presente invenzione risulteranno maggiormente evidenti dalla descrizione seguente, esemplificativa e non limitativa, riferita ai disegni schematici allegati nei quali:
la figura 1 è una vista in prospettiva di un primo esempio di realizzazione di un dispositivo di scavo a benna secondo la presente invenzione;
la figura 2A è una vista in sezione del dispositivo di scavo a benna di figura 1 nella configurazione con valve aperte;
la figura 2B è una vista in sezione del dispositivo di scavo a benna di figura 1 nella configurazione con valve chiuse;
le figure 3A-3J sono viste in sezione che mostrano in sequenza le differenti fasi operative di un singolo ciclo di lavoro del dispositivo di scavo a benna di figura 1;
la figura 4 è una vista in prospettiva di un secondo esempio di realizzazione di un dispositivo di scavo a benna secondo la presente invenzione;
la figura 5 è una vista in sezione del dispositivo di scavo a benna di figura 4; e
le figure 6A-6H mostrano in sequenza le differenti fasi operative di un singolo ciclo di lavoro del dispositivo di scavo a benna di figura 4.
Con riferimento alle figure, vengono mostrati due distinti esempi di realizzazione di un dispositivo di scavo a benna secondo la presente invenzione, indicato complessivamente con il numero di riferimento 10.
Il dispositivo 10 comprende un telaio portante 12 agganciato, tramite un perno 14 collocato superiormente al telaio in una zona centrale, a una fune 16 che si avvolge sull’argano di un macchinario di supporto, costituito usualmente da un carro cingolato. Parallelamente alla fune 16 è disposto un “cordone ombelicale” (non rappresentato) di tubi ed eventualmente anche di cavi (per segnali o controlli) per gli utilizzi idraulici necessari alla movimentazione di tutti i componenti del dispositivo 10.
Un carrello 18 è scorrevole in maniera guidata all’interno del telaio 12. Il carrello 18 è mosso da un cilindro idraulico 20, a sua volta vincolato al telaio 12. Due bielle 22 e 24 sono ruotabilmente collegate, in corrispondenza della loro estremità superiore, al carrello 18 tramite rispettivi perni superiori 26. Le bielle 22 e 24 sono simmetricamente disposte rispetto all’asse longitudinale del dispositivo 10, coincidente con l’asse della fune portante 16. L’estremità inferiore di tali bielle 22 e 24 è ruotabilmente collegata, tramite rispettivi perni inferiori 28 (figura 2B), a due valve o mandibole 30 e 32, munite di denti o protuberanze 34 adatte ad aggredire il terreno.
Nel primo esempio di realizzazione del dispositivo 10 mostrato nelle figure 1, 2A, 2B e 3A-3J le valve 30 e 32 sono definite valve “esterne”. Le valve esterne 30 e 32 hanno preferibilmente ma non necessariamente un asse di rotazione comune 36 realizzato su un corpo di supporto valve 38 temporaneamente fissabile in modo statico, con mezzi amovibili quali per esempio viti o perni 40, nella parte inferiore del telaio 12. Il corpo di supporto valve 38 si prolunga quindi al di sotto di tale telaio 12 fino a raggiungere una posizione inferiore che si trova in prossimità della stessa quota raggiunta dai denti di scavo 34 quando le valve esterne 30 e 32 sono in posizione aperta.
Un secondo cilindro idraulico 42, fissato preferibilmente nella sua parte statica sul corpo di supporto valve 38 tramite un perno 44, muove un secondo carrello di scorrimento 46 (figure 2A e 2B) guidato sulle carpenterie di tale corpo di supporto valve 38. Il cilindro 42 potrebbe essere collegato superiormente al telaio 12. Il secondo carrello di scorrimento 46 è provvisto, nella sua parte inferiore, di due attacchi 48 (figura 2B) sui quali, tramite rispettivi perni 50, sono incernierate altre due valve o mandibole 52 e 54. Tali valve 52 e 54 hanno preferibilmente ma non necessariamente assi di rotazione distinti, definiti dai rispettivi perni 50. La sagoma delle valve 52 e 54 è contenuta nel volume interno delle valve esterne 30 e 32 e per questo motivo tali valve 52 e 54 sono definite valve “interne”. La seconda coppia di valve interne 52 e 54 è quindi configurata per potersi inserire almeno temporaneamente all’interno della prima coppia di valve esterne 30 e 32 e per essere completamente contenuta all’interno di detta prima coppia di valve esterne 30 e 32.
Le valve interne 52 e 54 non sono mosse da alcuna biella, sono fissate nella parte inferiore del secondo carrello 46 e hanno la possibilità di scorrere verticalmente per la corsa fornita dal secondo cilindro idraulico 42. Anche le valve interne 52 e 54 possono essere munite, nella zona di contatto col suolo, di denti o protuberanze 34 adatte ad aggredire il terreno.
Le bielle 22 e 24 sono monolitiche nella loro parte superiore, ma si dividono preferibilmente a forcella nella loro parte inferiore (figura 2B). Le due gambe di questa forcella si muovono nell’intercapedine esistente tra le valve interne 52 e 54 e le valve esterne 30 e 32. Una rotaia 56, di altezza limitata e di lunghezza lievemente inferiore alla corsa del secondo cilindro idraulico 42, è fissata su entrambe le pareti laterali interne di ciascuna valva esterna 30 e 32. Ciascuna rotaia 56 è fissata a una distanza predefinita D dal bordo di attacco della rispettiva valva esterna 30 e 32 e si dispone verticalmente quando tali valve esterne 30 e 32 sono chiuse.
Nella parte inferiore di entrambe le pareti laterali esterne di ciascuna valva interna 52 e 54 sono previsti mezzi di riscontro 58, come ad esempio rulli o perni folli fissati a coppie (due coppie per ciascuna valva interna) alle valve interne 52 e 54 stesse. Quando sia le valve esterne 30 e 32, sia le valve interne 52 e 54 sono chiuse, estendendo il secondo cilindro idraulico 42 è possibile far scorrere verso il basso sia il secondo carrello 46, sia le valve interne 52 e 54 in modo che ogni coppia di rulli o perni folli 58 si impegni in corrispondenza dei due lati contrapposti di ciascuna rotaia 56. Le valve esterne 30 e 32 e interne 52 e 54 sono così temporaneamente e vicendevolmente vincolate tramite mezzi meccanici costituiti rispettivamente dalle rotaie 56 e dai mezzi di riscontro 58. Tali mezzi meccanici 56 e 58 si impegnano reciprocamente per un tratto di corsa limitato del secondo cilindro idraulico 42, in modo da consentire che le valve interne 52 e 54 possano disimpegnarsi dalle valve esterne 30 e 32, come verrà meglio specificato nel seguito. In una ulteriore forma realizzativa del tutto equivalente, è possibile fissare una coppia di rotaie 56 su entrambe le pareti laterali interne di ciascuna valva esterna 30 e 32, in modo che il canale presente tra di esse si trovi a una distanza predefinita D dal bordo di attacco della rispettiva valva esterna 30 e 32. Sempre in quest’ultima forma realizzativa, sulle pareti laterali esterne di ciascuna valva interna 52 e 54 è previsto un mezzo di riscontro 58 che può andare ad accoppiarsi alle rotaie 56 inserendosi nel canale presente tra di esse. E’ in ogni caso possibile invertire il montaggio delle rotaie 56 e dei mezzi di riscontro 58, in maniera tale che tali rotaie 56 si trovino su entrambe le pareti laterali esterne di ciascuna valva interna 52 e 54 e tali mezzi di riscontro 58 si trovino invece su entrambe le pareti laterali interne di ciascuna valva esterna 30 e 32.
Con riferimento alla configurazione rappresentata in figura 2B i mezzi di riscontro 58 non si trovano impegnati nelle rotaie 56. Con l’apertura del cilindro 42 i rulli 58 entrano in contatto con le rotaie 56 e conseguentemente, riscontrandosi meccanicamente tra di loro, rendono solidali le valve interne 52 e 54 alle valve esterne 30 e 32. In questa configurazione l’apertura e la chiusura delle valve esterne 30 e 32, impartita dal sistema di azionamento costituito dal carrello 18, dal cilindro idraulico 20 e dalle due bielle 22 e 24, trascina in movimento anche le valve interne 52 e 54 che quindi si aprono e chiudono solidamente a quelle esterne 30 e 32. Tale trascinamento è selezionabile o meno in virtù del fatto che se i mezzi di riscontro 58 non sono ingaggiati con le rispettive rotaie 56, le valve interne 52 e 54 rimangono nella loro configurazione. In particolare, questo accade quanto il cilindro 42 si trova in una configurazione prossima alla chiusura.
Quindi le valve esterne 30 e 32, quando motorizzate o attuate, trascinano in movimento anche quelle interne 52 e 54. L’azionamento del primo cilindro 20 fa muovere le bielle 22 e 24, le quali si aprono e si chiudono attorno all’asse di rotazione 36 e trascinano nel loro movimento anche le valve interne 52 e 54. Il movimento rotatorio contemporaneo delle valve interne 52 e 54 e di quelle esterne 30 e 32 è possibile grazie alla vicinanza degli assi di rotazione (perni 50) delle valve interne 52 e 54 con l’asse comune di rotazione 36 delle valve esterne 30 e 32, nonché dal movimento di scorrimento relativo che i mezzi di riscontro 58 sono capaci di eseguire lungo le rotaie 56. In questa configurazione operativa anche le valve interne 52 e 54 risultano motorizzate, sfruttando gli attuatori delle valve esterne 30 e 32, evitando così di complicare il dispositivo 10 con l’aggiunta di attuatori dedicati solamente all’azionamento delle valve interne 52 e 54.
Ai lati del secondo carrello di scorrimento 46 sono collocati dei mezzi espulsori 60 per agevolare il deflusso del materiale durante lo svuotamento delle valve interne 52 e 54. I mezzi espulsori 60 possono preferibilmente essere montati tramite mezzi di fissaggio temporaneo sul secondo carrello di scorrimento 46 in modo da rimanere sempre solidali a esso, oppure fare parte in modo permanente del secondo carrello di scorrimento 46 stesso.
Le carpenterie del corpo di supporto valve 38 presentano un’apertura centrale in modo da consentire la risalita dei mezzi espulsori 60 all’interno del corpo di supporto valve 38 stesso senza interferenze (figura 2B). Lateralmente a tale apertura, i bordi delle carpenterie formano dei listelli di guida 39. Le valve interne 52 e 54, nella zona delle cerniere che formano le sedi dei perni 50, presentano delle scanalature 53 e 55 dentro le quali possono scorrere i listelli di guida 39 in contrasto meccanico. Quando sia le valve esterne 30 e 32, sia le valve interne 52 e 54 sono chiuse, chiudendo il secondo cilindro idraulico 42 è possibile far scorrere verso l’alto sia il secondo carrello 46, sia le valve interne 52 e 54 in modo che i listelli-guida 39 si impegnino nelle scanalature 53 e 55 formando un accoppiamento prismatico. In questa configurazione operativa le valve interne 52 e 54 sono impedite nella rotazione e vengono trattenute in posizione chiusa, forzata dall’accoppiamento prismatico, senza la necessità di attuatori dedicati e senza essere vincolate alle valve esterne 30 e 32, risultando quindi indipendenti dal sistema di azionamento 18, 20, 22 e 24 di tali valve esterne 30 e 32.
Le differenti fasi operative di un singolo ciclo di lavoro del dispositivo 10 sin qui descritto si possono pertanto riassumere come segue. In una prima fase (figura 3A) la benna, costituita dall’assieme delle valve esterne 30 e 32 e delle valve interne 52 e 54, è vuota e scivola in discesa nello scavo. Sia le valve esterne 30 e 32, sia le valve interne 52 e 54 sono aperte, il primo cilindro idraulico 20 è chiuso e il secondo cilindro idraulico 42 è sfilato. I fulcri 36 e 50 rispettivamente delle valve esterne 30 e 32 e interne 52 e 54 sono nella loro vicinanza massima, come mostrato anche in figura 2A. I mezzi di riscontro 58 sono impegnati nelle rotaie 56 e quindi le valve esterne 30 e 32 e quelle interne 52 e 54 sono temporaneamente e vicendevolmente vincolate.
In una seconda fase (figura 3B) la benna è a contatto con il fondo dello scavo. Il primo cilindro idraulico 20 viene sfilato, mentre il secondo cilindro idraulico 42 viene mantenuto aperto. Le bielle 22 e 24 muovono in chiusura le valve esterne 30 e 32, che trascinano in chiusura anche le valve interne 52 e 54. Le sole valve interne 52 e 54 si riempiono del materiale, andando a definire un volume chiuso, assimilabile a un serbatoio in cui il materiale scavato dalle valve esterne 30 e 32 viene stoccato. Tale fase, in particolari condizioni di terreno (per esempio terreni duri), potrebbe essere ripetuta per migliorare l’efficienza di caricamento.
In una terza fase (figura 3C) il secondo cilindro idraulico 42 viene richiuso, mentre il primo cilindro idraulico 20 viene mantenuto aperto. Le valve interne 52 e 54, che nelle fasi precedenti erano solidali al carrello di scorrimento 46, vengono sollevate (traslate verticalmente) per la corsa fornita dal secondo cilindro idraulico 42. Come accennato precedentemente, le rotaie 56 disposte verticalmente sulle pareti laterali interne delle valve esterne 30 e 32 sono più corte della corsa generata dal secondo cilindro idraulico 42. Per questo motivo, nella parte terminale della corsa di tale secondo cilindro idraulico 42, i rulli 58 presenti sulle pareti laterali esterne delle valve interne 52 e 54 non saranno più a contatto con le rispettive rotaie 56, rendendo di fatto indipendenti le valve interne 52 e 54 dalle valve esterne 30 e 32. Al contempo, durante il sollevamento, le scanalature 53 e 55 delle valve interne 52 e 54 si vanno ad accoppiare con i listelli di guida 39 del supporto valve 38, realizzando un accoppiamento prismatico che impedisce la rotazione di apertura delle suddette valve interne 52 e 54. Durante questa terza fase il volume chiuso o serbatoio definito dalle valve interne 52 e 54 viene quindi sollevato, in una posizione di “parcheggio”, al di sotto del telaio 12 e, preferibilmente, completamente al di sotto del telaio 12 in modo che detto telaio 12 possa essere non modificato rispetto alle configurazioni attualmente prodotte dalla stessa richiedente e quindi permettere l’utilizzo di corpi telaio esistenti. Le pareti o gusci 57 e 59 (figura 2B) delle valve interne 52 e 54 fungono da mezzi di separazione per isolare rispetto alle valve esterne 30 e 32 il terreno contenuto nel serbatoio definito dalle valve interne 52 e 54 stesse. Il fatto che il serbatoio sia posizionato al di sotto del telaio 12 e non all’interno del telaio 12 stesso risulta ulteriormente vantaggioso in quanto consente di sfruttare al meglio lo spazio interno al telaio 12 per ottimizzare la geometria del sistema di azionamento 18, 20, 22 e 24 delle valve esterne 30 e 32 in modo da ottenere le massime prestazioni operative.
In una quarta e quinta fase (figure 3D e 3E) il secondo cilindro idraulico 42 viene mantenuto chiuso. Il primo cilindro idraulico 20 compie invece una nuova corsa di chiusura (quarta fase, figura 3D) e di apertura (quinta fase, figura 3E), permettendo alle valve esterne 30 e 32, svincolate da quelle interne 52 e 54, di realizzare un secondo riempimento.
In una sesta fase (figura 3F) l’intero dispositivo 10 risale verso la superficie, con tutte le valve esterne 30 e 32 e interne 52 e 54 chiuse e piene di materiale.
In una settima fase (figura 3G) il dispositivo 10 è in superficie ed è pronto per lo scarico del materiale nel punto di raccolta predefinito. Il primo cilindro idraulico 20 viene quindi richiuso e le bielle 22 e 24 muovono in apertura le valve esterne 30 e 32. La parte esterna inferiore concava delle valve interne 52 e 54 chiuse agevola il deflusso del materiale.
In un’ottava fase (figura 3H) il primo cilindro idraulico 20 viene sfilato e le valve esterne 30 e 32 si collocano in posizione chiusa, con le rotaie 56 in posizione verticale, pronte a guidare le valve interne 52 e 54 tramite i rulli 58 fissati nella parte inferiore di tali valve interne 52 e 54.
In una nona fase (figura 3I) viene sfilato il secondo cilindro idraulico 42 e le valve interne 52 e 54, solidali al carrello 46, scendono all’interno delle valve esterne 30 e 32 chiuse e ormai vuote. Durante tale discesa, prima i rulli 58 si impegnano ai lati delle rotaie 56, poi i listelli di guida 39 del corpo di supporto valve 38 si disimpegnano dalle scanalature 53 e 55 delle valve interne 52 e 54.
In una decima e ultima fase (figura 3J) viene richiuso il primo cilindro idraulico 20, mentre il secondo cilindro idraulico 42 rimane sfilato. I fulcri 36 e 50 rispettivamente delle valve esterne 30 e 32 e interne 52 e 54 sono di nuovo nella loro vicinanza massima. Le valve esterne 30 e 32 si aprono e con esse quelle interne 52 e 54, che rilasciano il materiale contenuto al loro interno agevolate dai mezzi espulsori 60 fissati sul carrello 46. La benna si ritrova quindi disposta come nella prima fase di figura 3A ed è pronta per un altro ciclo di lavoro.
Nel secondo esempio di realizzazione del dispositivo 10 mostrato nelle figure 4, 5 e 6A-6H le valve 130 e 132 hanno necessariamente assi di rotazione distinti, realizzati sul corpo di supporto valve 138 e rappresentati dai rispettivi perni 136A e 136B. Il corpo di supporto valve 138 è sempre fissato in modo statico, con viti o perni 140, nella parte inferiore del telaio 12. Il corpo di supporto valve 138 si prolunga quindi al di sotto di tale telaio 12.
Il secondo cilindro idraulico 142, fissato nella sua parte statica sul corpo di supporto valve 138 tramite un perno 144, muove il secondo carrello di scorrimento 146 guidato sulle carpenterie di tale corpo di supporto valve 138. Il secondo carrello di scorrimento 146 è provvisto, sulle sue pareti laterali, di due protuberanze di attacco 162 sulle quali, tramite perni superiori 164, sono incernierate due ulteriori biellette 166. Due meccanismi 168 e 170 con struttura a compasso coi bracci aperti ad angolo lievemente acuto, altrimenti denominate “rostri”, sono incernierate sui perni 136A e 136B attorno ai quali ruotano anche le valve 130 e 132. I rostri 168 e 170 ricevono il loro movimento di rotazione dalle biellette 166, alle quali sono fissati per mezzo di perni inferiori 172.
Il primo cilindro idraulico 20 apre e chiude le valve 130 e 132, mentre il secondo cilindro idraulico 142 fa compiere una rotazione dei rostri 168 e 170 all’interno delle suddette valve 130 e 132. Questo secondo sistema di azionamento per la movimentazione dei meccanismi 168 e 170, costituito dal secondo cilindro idraulico 142 e dal secondo carrello di scorrimento 146, risulta del tutto indipendente dal primo sistema di azionamento 18, 20, 22 e 24 delle valve esterne 130 e 132. Il corpo di supporto valve 138 presenta, nella sua parte inferiore, al di sotto del telaio 12, una struttura 174 preferibilmente chiusa, come ad esempio un serbatoio o una coppia di cofani simmetrici, definita come il prolungamento naturale delle valve 130 e 132. Il fatto che il serbatoio 174 sia posizionato al di sotto del telaio 12, e non all’interno del telaio 12 stesso, risulta vantaggioso in quanto consente di sfruttare al meglio lo spazio interno al telaio 12 per ottimizzare la geometria del primo sistema di azionamento 18, 20, 22 e 24 delle valve esterne 130 e 132, in modo da ottenere le massime prestazioni operative. Il serbatoio 174, in una variante costruttiva, potrebbe essere aperto superiormente per migliorare il deflusso del fluido di perforazione.
I bracci di ciascun rostro 168 e 170 sono costituiti da una lama centrale 176 e da una lama periferica 178 aventi larghezza minore di quella delle valve 130 e 132. Tale differenza di larghezza è pari alla somma degli spessori delle bielle 22 e 24. I rostri 168 e 170 non sono muniti di denti o protuberanze adatte ad aggredire il terreno e non hanno quindi funzionalità di scavo. Cosi come nel primo esempio di realizzazione del dispositivo 10, le bielle 22 e 24 sono monolitiche nella loro parte superiore, mentre si dividono a forcella nella loro parte inferiore per collegarsi ruotabilmente alle valve 130 e 132 tramite i rispettivi perni 128 (figura 4). I rostri 168 e 170 hanno quindi una larghezza di poco inferiore alla luce esistente tra le facce interne dei bracci a forcella delle bielle 22 e 24.
Le differenti fasi operative di un singolo ciclo di lavoro di questo secondo esempio di realizzazione del dispositivo 10 si possono pertanto riassumere come segue. In una prima fase (figura 6A) la benna, con le valve 130 e 132 vuote e con il serbatoio 174 vuoto, scivola in discesa nello scavo. Le valve 130 e 132 sono aperte, il primo cilindro idraulico 20 è chiuso e il secondo cilindro idraulico 142 è sfilato. I rostri 168 e 170 hanno le rispettive lame centrali 176 accostate, verticali e coincidenti con la mezzeria dello scavo. Queste lame centrali 176 entrano in contatto per prime con il terreno e hanno funzione di ancoraggio, allo scopo di stabilizzare la benna nel momento in cui le rispettive valve 130 e 132 iniziano il loro movimento di chiusura. Inoltre, nel caso di un utilizzo del dispositivo 10 in terreni duri e compatti, tali rostri 168 e 170 a lama verticale facilitano la penetrazione e la rottura del terreno grazie al loro effetto cuneo. In questo caso la punta inferiore delle lame centrali 176 è opportunamente realizzata con elementi di taglio e si prolunga oltre la quota da cui partono i denti 34 quando le valve 130 e 132 sono in configurazione aperta.
In una seconda fase (figura 6B) il primo cilindro idraulico 20 viene sfilato, mentre il secondo cilindro idraulico 142 è mantenuto aperto. Le bielle 22 e 24 muovono in chiusura le valve 130 e 132. Questa manovra consente di immagazzinare il materiale di scavo tra i due bracci (lama centrale 176 e lama periferica 178) di ciascun rostro 168 e 170. In altre parole, al termine di questa manovra, una certa quantità di materiale di scavo sarà stato separato all’interno del volume delimitato dai bracci 176 e 178 di ciascun rostro 168 e 170 e dalla parete interna delle valve 130 e 132. In ogni caso, un determinato volume di materiale viene separato ed è pronto per essere racchiuso all’interno di un contenitore (serbatoio 174) che si trova preferibilmente al di sotto del telaio 12.
In una terza fase (figura 6C) il primo cilindro idraulico 20 viene tenuto sfilato per mantenere ferme le valve 130 e 132 in posizione chiusa, mentre si richiude il secondo cilindro idraulico 142. Le biellette 166 agganciate al secondo carrello di scorrimento 146 pongono in rotazione i rostri 168 e 170 attorno ai rispettivi perni 136A e 136B. Questa manovra trasferisce il materiale imprigionato tra i due bracci 176 e 178 di ciascun rostro 168 e 170, a partire dalla sua posizione iniziale (figura 6B) all’interno delle valve 130 e 132, in una posizione superiore all’interno del serbatoio 174. In altre parole, le valve 130 e 132 rimangono chiuse ma vengono svuotate di gran parte del loro materiale. I rostri 168 e 170 fungono da mezzi di separazione per isolare il terreno contenuto nel serbatoio 174 rispetto alle valve 130 e 132.
In una quarta e quinta fase (figure 6D e 6E) il secondo cilindro idraulico 142 viene mantenuto chiuso. Il primo cilindro idraulico 20 compie invece una nuova corsa di chiusura (quarta fase, figura 6D) e di apertura (quinta fase, figura 6E), permettendo alle valve 130 e 132 di realizzare un secondo riempimento, mentre il materiale raccolto in precedenza rimane confinato tra le pareti del serbatoio 174 e i due bracci 176 e 178 di ogni rostro 168 e 170. E’ da notare che i rostri 168 e 170 si muovono, compiendo ciascuno il proprio arco di rotazione, all’interno del serbatoio 174. Le valve 130 e 132 invece, quando compiono il loro movimento di rotazione, transitano all’esterno di tale serbatoio 174. In altre parole, per semplificare il concetto, il serbatoio 174 è contenuto all’interno delle valve 130 e 132 quando queste sono aperte.
In una sesta fase (figura 6F) l’intero dispositivo 10 risale verso la superficie, con le valve 130 e 132 chiuse e piene di materiale e il serbatoio 174 anch’esso pieno di materiale.
In una settima fase (figura 6G) il primo cilindro idraulico 20 viene richiuso e le bielle 22 e 24 muovono in apertura le valve 130 e 132. Il braccio centrale 176 di ciascun rostro 168 e 170, disposto quasi orizzontalmente in questa fase, funge da espulsore agevolando la caduta del materiale e lo svuotamento delle valve 130 e 132.
In un’ottava e ultima fase (figura 6H) il secondo cilindro idraulico 142 viene sfilato, mentre il primo cilindro idraulico 20 rimane in posizione chiusa. I rostri 168 e 170, mossi dalle biellette 166, compiono una rotazione attorno ai rispettivi perni 136A e 136B, trasportando verso il basso il volume del materiale inglobato tra le pareti del serbatoio 174 e i due bracci 176 e 178 del compasso di cui ciascun rostro è costituito 168 e 170. Il braccio centrale 176 di uno dei rostri 168 si adagia in posizione verticale, a contatto con il corrispondente braccio centrale 176 dell’altro rostro 170. Il braccio periferico 178 di ciascun rostro 168 e 170, nella sua corsa verso il basso, funge invece da raschiatore agevolando lo svuotamento del volume di materiale racchiuso nel serbatoio 174. La benna si ritrova disposta come nella prima fase di figura 6A ed è pronta per un altro ciclo di lavoro.
Si è così visto che il dispositivo di scavo a benna secondo la presente invenzione realizza gli scopi in precedenza evidenziati, ottenendo in particolare i seguenti vantaggi. Tale dispositivo è innanzitutto paragonabile, in peso e dimensioni, alle benne comunemente in uso. Addirittura molte parti, tra cui il telaio, il primo cilindro e il carrello di spinta, possono essere quelle di normale produzione, in modo da implementare il dispositivo secondo l’invenzione anche su benne esistenti. Non è poi necessario l’uso di una macchina portatrice di classe superiore per poter mettere in funzione un simile dispositivo, perché l’incremento di volume riempito da terreno aggiuntivo porta complessivamente a un piccolo incremento di peso da sollevare rispetto alle soluzioni attualmente realizzate.
La capacità di stoccaggio subisce un incremento di oltre il 50% a fronte di un modesto incremento della durata del ciclo, nella fattispecie nelle fasi di carico e scarico. La lunghezza della benna viene allungata rispetto a una benna tradizionale per alloggiare in prossimità della parte inferiore del telaio il volume di stoccaggio addizionale a quello delle valve standard.
Per minimizzare l’incremento della durata del ciclo di lavoro è possibile, in entrambi gli esempi di realizzazione descritti, usare il dispositivo secondo l’invenzione come una benna tradizionale, rinunciando alla “doppia carica”. Qualora si adottasse questa soluzione, il secondo cilindro idraulico 42 o 142 del rispettivo esempio di realizzazione rimarrebbe chiuso e le valve (quelle esterne nel primo esempio di realizzazione) avrebbero la capacità di carico e le tempistiche di lavoro di una benna tradizionale. E’ così possibile utilizzare il dispositivo secondo l’invenzione con il metodo di scavo tradizionale per scavare le prime decine di metri, ove i tempi di scavo e di scarico prevalgono su quelli di discesa e risalita. Nel momento in cui la proporzione si inverte, è possibile impostare l’opzione di “doppia carica”. Quest’operazione si limita alla manipolazione di comandi aggiuntivi nella cabina della macchina portatrice. Ovviamente è possibile usare la benna in configurazione “doppia carica” sin dall’inizio dello scavo.
Il dispositivo di scavo a benna della presente invenzione ha una buona modularità. Le parti principali della benna sono comuni a tutte le sezioni di scavo. Altre parti meccaniche secondarie della benna possono essere intercambiate in funzione della larghezza dello scavo da eseguire. Tutte le parti della benna sono comunque agevolmente assemblabili. La soluzione è compatibile anche con applicazioni di mezzi di correzione della verticalità (flap, scarponi mobili, rotelle, ecc.).
E’ possibile convertire il dispositivo di scavo dalla configurazione rappresentata nelle figure 2A e 2B a quella di figura 4 intervenendo con la sostituzione parziale di alcuni elementi posizionati nella sua parte inferiore (valve interne, rostri, carrellino, ecc.), mentre per esempio il secondo cilindro idraulico potrebbe rimanere lo stesso. In questo modo, se ci si trovasse a dover realizzare scavi in terreni compatti, sarebbe possibile convertire la soluzione delle figure 2A e 2B in quella rappresentata in figura 4, dove i rostri hanno una maggior capacità di penetrazione e quindi di produzione.
Il dispositivo di scavo a benna della presente invenzione così concepito è suscettibile in ogni caso di numerose modifiche e varianti, tutte rientranti nel medesimo concetto inventivo; inoltre tutti i dettagli sono sostituibili da elementi tecnicamente equivalenti. In pratica i materiali utilizzati, nonché le forme e le dimensioni, potranno essere qualsiasi a seconda delle esigenze tecniche. A titolo di esempio, i rulli o perni 58 che si riscontrano sulle rotaie 56 possono essere realizzati in un qualsiasi tipo di forma prismatica a riscontro meccanico, non necessariamente sfruttando una rotazione di un corpo (perno o rullo) ma semplicemente una traslazione (pattini, bronzine, ecc.).
L’ambito di tutela dell’invenzione è pertanto definito dalle rivendicazioni allegate.

Claims (17)

  1. RIVENDICAZIONI 1. Dispositivo (10) per lo scavo di diaframmi, comprendente un telaio (12) e un corpo di supporto valve (38; 138), fissato nella parte inferiore del telaio (12), che supporta una prima coppia di valve (30, 32; 130, 132) mosse in apertura e in chiusura da un primo sistema di azionamento (18, 20, 22, 24), il dispositivo (10) comprendendo inoltre un serbatoio (52, 54; 174) operativamente collegato alla prima coppia di valve (30, 32; 130, 132) per contenere del terreno scavato da dette valve (30, 32; 130, 132), il dispositivo (10) essendo caratterizzato dal fatto che il serbatoio (52, 54; 174) è normalmente posizionato tra il telaio (12) e la prima coppia di valve (30, 32; 130, 132) e ha un volume atto a contenere una quantità di terreno sostanzialmente corrispondente alla quantità di terreno scavato da dette valve (30, 32; 130, 132) durante un singolo ciclo di lavoro del dispositivo (10).
  2. 2. Dispositivo (10) secondo la rivendicazione 1, caratterizzato dal fatto di comprendere mezzi di separazione (57, 59; 168, 170) attuati per isolare il terreno contenuto in detto serbatoio (52, 54; 174).
  3. 3. Dispositivo (10) secondo la rivendicazione 1 o 2, caratterizzato dal fatto che il serbatoio è costituito dal volume racchiuso da una seconda coppia di valve (52, 54) mosse da un secondo sistema di azionamento (42, 46) in modo da poter passare da una prima configurazione operativa, in cui detta seconda coppia di valve (52, 54) è indipendente dal primo sistema di azionamento (18, 20, 22, 24) della prima coppia di valve (30, 32), a una seconda configurazione operativa, in cui detta seconda coppia di valve (52, 54) è operativamente collegata al primo sistema di azionamento (18, 20, 22, 24) della prima coppia di valve (30, 32) in maniera tale che, in detta seconda configurazione operativa, detta seconda coppia di valve (52, 54) sia trascinata in movimento da detta prima coppia di valve (30, 32).
  4. 4. Dispositivo (10) secondo la rivendicazione 3, caratterizzato dal fatto che la sagoma delle valve della seconda coppia di valve (52, 54) è contenuta nel volume delle valve della prima coppia di valve (30, 32), cosicché detta seconda coppia di valve (52, 54) sia configurata per inserirsi all’interno di detta prima coppia di valve (30, 32).
  5. 5. Dispositivo (10) secondo la rivendicazione 3 o 4, caratterizzato dal fatto che il secondo sistema di azionamento (42, 46) comprende un secondo cilindro idraulico (42) fissato superiormente al telaio (12) nella sua parte statica e configurato per muovere un secondo carrello di scorrimento (46) provvisto, nella sua parte inferiore, di una coppia di perni (50) su ciascuno dei quali è incernierata una valva di detta seconda coppia di valve (52, 54).
  6. 6. Dispositivo (10) secondo la rivendicazione 5, caratterizzato dal fatto che ai lati del secondo carrello di scorrimento (46) sono collocati dei mezzi espulsori (60), solidali a detto carrello di scorrimento (46), per agevolare il deflusso del terreno durante lo svuotamento di detta seconda coppia di valve (52, 54).
  7. 7. Dispositivo (10) secondo la rivendicazione 3, caratterizzato dal fatto che la prima coppia di valve (30, 32) e la seconda coppia di valve (52, 54), nella seconda configurazione operativa in cui detta seconda coppia di valve (52, 54) è operativamente collegata al primo sistema di azionamento (18, 20, 22, 24) della prima coppia di valve (30, 32), sono vicendevolmente vincolate tramite rispettivi mezzi meccanici (56, 58).
  8. 8. Dispositivo (10) secondo la rivendicazione 7, caratterizzato dal fatto che i mezzi meccanici (56, 58) si impegnano reciprocamente per un tratto di corsa limitato del secondo cilindro idraulico (42), in modo da consentire che le valve interne (52, 54) possano disimpegnarsi dalle valve esterne (30, 32) per raggiungere detta prima configurazione operativa.
  9. 9. Dispositivo (10) secondo la rivendicazione 7 o 8, caratterizzato dal fatto che detti mezzi meccanici (56, 58) sono costituiti da una rotaia (56), fissata su entrambe le pareti laterali di ciascuna valva di una coppia tra detta prima coppia di valve (30, 32) e detta seconda coppia di valve (52, 54), e da almeno un mezzo di riscontro (58), ottenuto su entrambe le pareti laterali di ciascuna valva dell’altra coppia tra detta prima coppia di valve (30, 32) e detta seconda coppia di valve (52, 54), in cui ogni mezzo di riscontro (58) si impegna con una rotaia (56).
  10. 10. Dispositivo (10) secondo la rivendicazione 9, caratterizzato dal fatto che ciascun mezzo di riscontro (58) è costituito da una coppia di rulli o perni folli che si impegnano in corrispondenza dei due lati contrapposti di ciascuna rotaia (56).
  11. 11. Dispositivo (10) secondo la rivendicazione 2, caratterizzato dal fatto che i mezzi di separazione sono costituiti dalle pareti o gusci (57, 59) di detta seconda coppia di valve (52, 54).
  12. 12. Dispositivo (10) secondo la rivendicazione 2, caratterizzato dal fatto che i mezzi di separazione sono costituiti da una coppia di meccanismi (168, 170) alloggiati almeno parzialmente all’interno del serbatoio (174) e azionati in rotazione da un secondo sistema di azionamento (142, 146) per effettuare selettivamente sia il trasferimento entro detto serbatoio (174) del terreno contenuto in detta prima coppia di valve (130, 132), sia l’espulsione del terreno da detto serbatoio (174).
  13. 13. Dispositivo (10) secondo la rivendicazione 12, caratterizzato dal fatto che il secondo sistema di azionamento (142, 146) comprende un secondo cilindro idraulico (142) fissato al telaio (12) o al corpo di supporto valve (138) nella sua parte statica e configurato per muovere un secondo carrello di scorrimento (146).
  14. 14. Dispositivo (10) secondo la rivendicazione 12, caratterizzato dal fatto che ciascuno di detti meccanismi (168, 170) è costituito da una struttura a compasso provvista di due bracci (176, 178) aperti secondo un angolo predefinito.
  15. 15. Dispositivo (10) secondo la rivendicazione 14, caratterizzato dal fatto che detti meccanismi (168, 170) sono incernierati su perni (136A, 136B) attorno ai quali ruotano anche le valve di detta prima coppia di valve (130, 132) e in cui detti meccanismi (168, 170) ricevono il loro movimento di rotazione da detto secondo sistema di azionamento (142, 146).
  16. 16. Dispositivo (10) secondo la rivendicazione 1 o 2, caratterizzato dal fatto che il serbatoio (174) è configurato per essere contenuto all’interno delle valve di detta prima coppia di valve (130, 132) quando dette valve sono aperte.
  17. 17. Dispositivo (10) secondo la rivendicazione 1 o 2, caratterizzato dal fatto che il serbatoio (174) è aperto superiormente per migliorare il deflusso del fluido di perforazione.
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