ITMI20121030A1 - Uso dell'energia geotermica per la desalinizzazione dell'acqua marina - Google Patents

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Maurizio Masi
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Santucci Dott Ing Giorgio
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Description

USO DELL’ENERGIA GEOTERMICA PER LA DESALINIZZAZIONE DELL’ACQUA MARINA
La presente invenzione riguarda un metodo per la desalinizzazione dell’acqua marina per distillazione dove il calore è reperito da un sito geotermico costituito da rocce calde, alimentato da un opportuno flusso di energia basale che ne consenta lo sfruttamento per periodi di lunghezza superiore ai tempi di ammortamento dei costi di perforazione e d’impiantistica.
In particolare, l’invenzione realizza un sistema geotermico a circuito chiuso, dove il fluido vettore termico non entra mai in contatto con le rocce circostanti, essendo esso confinato in opportuni condotti in ogni punto del suo percorso all’interno del sito geotermico.
L’energia è raccolta da uno scambiatore di calore realizzato in profondità nel cuore del sito geotermico e costituito da un unico condotto che percorre il sito e che raccorda senza soluzione di continuità la sezione di mandata (discendente) e con quella di ritorno (ascendente), percorso da un fluido vettore termico, e collocato all’interno di un’unica perforazione. Poi, in superficie, l’energia è ceduta ad un impianto di desalinizzazione, realizzato in un numero opportuno di effetti ove essa è impiegata per produrre acqua a contenuto di salinità compatibile con gli usi civili o industriali a partire da acqua marina o da acque salmastre superficiali.
L’uso dell’energia geotermica per impianti di desalinizzazione è stato proposto sia in numerosi articoli scientifici che nella letteratura brevettale. Per esempio, un articolo di rassegna che descrive l’uso delle energie rinnovabili nella dissalazione è stato redatto da E. Mathioulakis e collaboratori “Desalination by using alternative energies: review and state of thè art” pubblicato su Desalination, voi 203, pp. 346-365 (2007). Un altro documento inerente l’uso della geotermia nella desalinizzazione è stato redatto da B. W. Tleimat e da A. D. K. Laird “The use of geothermal Energy in desalination” pubblicato su Encyclopedia of Desalination and Water Research (DESWARE), voi 1, published on line by EOLSS Encyclopedia of Life Supported Systems.
Da queste pubblicazioni appaiono chiari i vantaggi dell’uso della fonte energetica geotermica: vi è una costante erogazione dell’energia, notte e giorno, assenza degli effetti della meteorologia e della stagionalità. La fonte geotermica, come le altre rinnovabili, consente di ottenere un bene primario quale l’acqua potabile, sia da sorgenti ad alta salinità che da acqua marina, senza immettere nell’atmosfera composti inquinanti prodotti dalla combustione di idrocarburi.
Solitamente le fonti geotermiche non raggiungono temperature particolarmente elevate e pertanto la termodinamica ne consiglia l’impiego per usi termici piuttosto che per la produzione di energia elettrica. Quindi, la fonte geotermica si presta per essere accoppiata agli impianti di desalinizzazione basti sulla distillazione ad effetti multipli (MED).
Tuttavia, sino ad oggi, tutti gli impianti di desalinizzazione basati sullo sfruttamento dell’energia geotermica sono stati realizzati ricorrendo a giacimenti di tipo idrotermale. Ciò ha limitato molto le potenzialità di questa tecnologia, confinandola unicamente ai siti ove vi era disponibilità di una simile fonte, situazione come noto non comune nella crosta terrestre. Il sistema “idrotermale”, che consiste nello scavare un foro in uno strato di rocce calde contenenti del vapore d’acqua, il quale viene così raccolto in superficie e previa sua purificazione dai composti corrosivi e/o nocivi e dai detriti di roccia trascinati nel suo risalire, inviato o in turbina o usato tal quale fonte energetica di tipo termico.
Per ovviare alla disponibilità di giacimenti idrotermali, si può ricorrere all’uso di rocce è secche e calde (“hot dry rock” o più semplicemente “HDR”). In tal caso dell’acqua può essere pompata verso tali rocce attraverso un condotto di mandata così da riottenerla attraverso un condotto di ritorno quale vapore. Il ricorso a strati di rocce secche e calde è apparentemente vantaggioso in quanto tali strati sono più facili da localizzare di quelli idrotermali. Infatti, in termini generali, la temperatura della terra cresce di 30° centigradi ogni 1000 metri di profondità. Pertanto, sempre in linea di principio, in un qualsiasi punto della crosta terrestre è possibile trovare delle rocce alla temperatura desiderata purché si raggiunga una adeguata profondità. Per fornire un semplice esempio, rocce alla temperatura di 150° centigradi possono essere trovate da profondità di 5000 metri. Per mettere in contatto la condotta di mandata e quella di ritorno, nonché per realizzare un’adeguata superficie di scambio tra il fluido vettore termico e le rocce calde, è necessario realizzare una adeguata frantumazione dello strato roccioso contenuto tra le perforazioni di mandata e di risalita. Tali fatturazioni della roccia sono state sino ad oggi realizzate con differenti metodi, quali l'impiego di esplosivi o di fluidi in pressione o di calore. Il controllo di queste fessure originate dalla frantumazione della roccia non è però tale da garantire poi un ben definito percorso al fluido vettore termico, in questo caso sempre costituito da acqua in pressione, tra le perforazioni di mandata e di ritorno. Inoltre tale cammino non è stabile nel tempo vista e considerata la mobilità dei detriti di roccia trascinati dal moto del fluido che a lungo andare possono provocare l’occlusione del circuito idraulico precedentemente stabilito. Inoltre, piccole modificazioni possono comunque alterare sensibilmente il moto dell’acqua dato che essa segue sempre e comunque il cammino di minor resistenza. Quindi, lo sfruttamento degli strati di rocce secche e calde con la tecnologia HDR si presta a rendimenti fortemente instabili che possono arrivare a pregiudicarne l’economia del suo sfruttamento. Infine, il vapore ottenuto risulta, al pari di quello proveniente dai giacimenti idrotermali, fortemente contaminato e quindi esso deve essere opportunamente trattato sia prima di essere inviato, ad esempio, in turbina che prima di essere rimesso nel circuito successivamente alla sua condensazione.
Sia la tecnologie idrotermale che quella HDR sono ben descritte nella letteratura scientifico-tecnica e brevettuale. Un elenco non esaustivo comprende, D. V. Duchane, (Hot Dry Rock: A Versatile Alternative Energy Technology, paper SPE30738, Society of Petroleum Engineers Annual Technical Conference & Exhibition, Dallas, USA., 22-25 October, 1995); L. M. Edwards, G.V. Chilingar, H. H. Rieke III, and W.H. Fertl, (Handbook of Geothermal Energy, pp. 44-176, Gulf Publishing Co., Houston, Texas, 1982) oppure D. V. Duchane (Geothermal Energy, Kirk-Othemer Encyclopedia of Chemical Technology, Vol. 12., pp. 512-539, 1994).
Per evitare le contaminazioni del fluido vettore termico è pertanto necessario mantenerlo costantemente separato dalle rocce circostanti. Nella pratica occorre realizzare quindi una rete di condotti a ciclo chiuso che connettono le tubazioni di mandata con quelle di ritorno. Così facendo, tra fluido vettore termico e rocce circostanti è possibile unicamente lo scambio di energia. Tale configurazione impiantistica a ciclo chiuso ha quindi i seguenti vantaggi e svantaggi rispetto allo sfruttamento di giacimenti idrotermali e di quelli HDR:
- al contrario dei sistemi idrotermali e come i sistemi HDR può essere realizzata in linea di principio ovunque purché si raggiunga un’adeguata profondità e conseguentemente un’adeguata temperatura delle rocce per l’applicazione finale d’interesse dell';
- al contrario dei sistemi idrotermali e HDR evita qualunque contatto materiale tra il fluido vettore termico e le rocce circostanti; così facendo il fluido vettore termico rimane incontaminato e non necessita di trattamenti di purificazione prima del suo impiego in superficie;
- al contrario dei sistemi idrotermali e HDR, non si alterano le falde acquifere sia superficiali che profonde preservando i naturali equilibri;
- al contrario dei sistemi idrotermali e HDR, durante l’esercizio non si portano in superficie ne gas serra (vedi biossido di carbonio), ne gas venefici (vedi idrogeno solforato), ne metalli pesanti (vedi arsenico, mercurio, antimonio); - di contro, la configurazione a ciclo chiuso, presenta generalmente una superficie di scambio termico tra rocce calde e fluido vettore termico ridotta rispetto a quella dei sistemi HDR; di conseguenza, tipicamente possono essere realizzati impianti di potenza inferiore e pertanto quanto sotto meglio descritto si presta alla realizzazione d’impianti per lo sfruttamento dell’energia geotermica di piccola taglia distribuiti sul territorio.
Lo stato odierno della tecnologia non consente però di realizzare uno scambiatore geotermico a ciclo chiuso formato da una molteplicità di tubi. E’ allora necessario realizzare uno scambiatore di calore che sia realizzabile mediante un’unica perforazione. Inoltre la configurazione di questo scambiatore di calore deve essere tale da garantire che il fluido vettore termico sia in grado di ricevere calore quando esso sia in contatto con strati di roccia più caldi m? che ne! contempo esso non ceda calore al terreno circostante quando esso incontra strati di roccia a temperatura inferiore.
L’oggetto della presente invenzione è quindi quello di descrivere come realizzare uno scambiatore di calore geotermico a ciclo chiuso con le proprie*?.
appena sopra identificate da unire ad un impianto di desalinizzazione basato sulla distillazione ad effetti multipli.
Come illustrato nella Figura 1a, l’energia è raccolta da uno scambiatore di calore realizzato nel cuore del sito geotermico e costituito da un unico condotto che percorre il sito e che raccorda senza soluzione di continuità la sezione di mandata, 1 , (discendente) e con quella di ritorno, 2, (ascendente), percorso da un fluido vettore termico, e collocato all’interno di un’unica perforazione riempita di malte di cementazione, 3. Il fluido caldo così ottenuto è inviato nella caldaia di un sistema di desalinizzazione a effetto multiplo e una volta che il suo contenuto entalpico è stato sfruttato è reimmesso senza soluzione di continuità nel sistema geotermico. Si produce così, usando unicamente energia rinnovabile, acqua desalinizzata a partire da acque a grande salinità. Lo scambiatore geotermico a ciclo chiuso gode del vantaggio di poter essere virtualmente localizzato in ogni punto della crosta terrestre a patto di raggiungere profondità adeguate e quindi temperature sufficienti allo scopo.
Dato che ì fluidi uscenti dal distillatore ad effetti multipli sono ancora caldi, è utile far precedere il distillatore da una sezione di economizzazione dove, ad esempio, l’acqua marina è preriscaldata dalla salamoia calda esausta prima che quest’ultima sia scaricata nuovamente in mare, così come illustrato in Figura 2, dove i tratti discendente, 1 , e ascendente, 2, dello scambiatore geotermico, sono connessi all’impianto di desalinizzazione ad effetto multiplo, 3. Tale impianto è solitamente formato da un numero di effetti determinato dall’economia dell’impianto stesso, e tipicamente compreso tra i tre e i cinque effetti. Tale impianto riceve l’acqua marina preriscaldata nell’economizzatore, 4, dalla corrente di salamoia calda uscente dal distillatore, 3.
Definito l'impianto nel suo complesso è necessario descrivere come deve essere realizzato lo scambiatore geotermico a ciclo chiuso da accoppiare alla parte fuori terra tradizionale.
In linea del tutto generale, come illustrato nella Figura 3, il due tratti ascendente, 2, e discendente, 1 , possono anche deviare significativamente dalla verticale, così come di sovente realizzato nelle perforazioni di tipo petrolìfero, sia per facilitare la perforazione che per seguire la conformazione del giacimento geotermico.
Come illustrato nella Figura 4, i condotti ascendente, 2, e discendente, 1 , possono essere posti o uno adiacente all’altro e annegati nelle malte di cementazione del foro principale, 3, o posti concentricamente uno all'interno dell’altro e il più esterno dei due annegato nelle malte di cementazione. Dette malte, oltre a sostenere staticamente il pozzo geotermico realizzano anche la continuità dello scambio termico tra i due condotti di mandata e di risalita e le rocce del giacimento geotermico stesso, 4. Generalmente, per la disposizione concentrica, non esiste a priori una configurazione da preferire in modo assoluto. Ad esempio, risulta conveniente da un punto di vista termotecnico disporre all’esterno il fluido interessato dal maggior incremento di temperatura che quindi espone la maggior superficie di scambio. Di conseguenza il condotto di risalita risulterà percorso dal fluido a maggiore entalpia.
Soluzioni di scambiatori geotermici realizzati sia a tubi concentrici che a tubi adiacenti sono già presenti nella letteratura brevettale. Si vedano, ad esempio, nella letteratura più recente, EP 2136157 o JP 2001004232 per il primo caso e US 2010/0258266 per il secondo caso.
Come già specificato, affinché lo scambio di energia risulti ottimizzato è necessario realizzare l’insieme dei condotti in modo da evitare che il fluido vettore termico ad alta entalpia non disperda energia con gli strati di terreno più freddi di esso. Infatti, uno dei problemi che si presentano in questi sistemi è che il calore faticosamente raccolto negli strati profondi del giacimento sia poi disperso in quelli freddi superficiali. Una soluzione che apparentemente sembra immediata è quella di coibentare i condotti in prossimità della superficie. Purtroppo le malte che sono usate per le cementazioni presentano comunque delle elevate conducibilità termiche e quindi questa soluzione funziona solo parzialmente.
Per sistemi ove il fluido vettore termico non cambia di fase e quindi scambia unicamente calore sensibile con il giacimento geotermico il brevetto JP 2001289533 insegna che è conveniente realizzare il condotto di risalita con una sezione idraulica più piccola di quella del condotto di mandata che lo precede. Così facendo, come noto da tutti i trattati di scambio termico, il tempo di residenza del fluido caldo si riduce e con esso la quantità di energia trasferita dal fluido caldo stesso agli strati più freddi del terreno circostante. Alternativamente, per variare le velocità dei fluidi in risalita US 5072783 insegna ad inserire una più di un condotto di mandata, ciascuno con lunghezza differente, così da modulare la velocità di risalita del fluido vettore termico in funzione della profondità e quindi della temperatura delle rocce circostanti.
Tale insegnamenti non sono tuttavia esaustivi. Per esempio, anche in sistemi a scambio di calore sensibile prevalente, per aumentare la quantità di calore che il fluido vettore può assorbire dal giacimento, tale variazione della sezione idraulica deve essere convenientemente realizzata in corrispondenza di quella quota in cui la temperatura di detto fluido eccede quella del terreno circostante. Inoltre gli insegnamenti di JP 2001289533 sono limitati alla configurazione di tubo ad U, tipicamente impiegata ai sistemi geotermici di bassa entalpia, e non è estesa a quelli realizzati a tubi concentrici, tipicamente impiegati nei sistemi geotermici di alta entalpia dove si raggiungono profondità di perforazione importanti. Infine, non è indicato quale deve essere la riduzione di sezione affinché si ottenga una efficace inibizione della dispersione termica. Ciò è rivendicato dalla presente invenzione.
Dato che il gradiente della temperatura del fluido varia linearmente col diametro della condotta, d , come mostrato dalla relazione seguente:
dove T , TE, Z, m, Cp e U indicano, rispettivamente la temperatura del fluido e delle rocce circostanti, la coordinata che segue l’evoluzione lineare della condotta, la portata massiva del fluido, il calore sensibile del medesimo e il coefficiente globale di scambio termico. Da essa è possibile ricavare che affinché il gradiente termico si riduca di almeno la metà la riduzione della sezione deve essere almeno di 4 a 1 , corrispondente ad un dimezzamento del diametro idraulico.
E’ tuttavia noto da tutta la termotecnica, che è conveniente realizzare sistemi ove lo scambio termico è prevalentemente inerente i calori latenti, ciò è particolarmente vero volendo impiegare la fonte geotermica per alimentare un impianto di dissalazione. In tali sistemi il fluido vettore termico che percorre lo scambiatore si mantiene sostanzialmente a temperatura uniforme nel condotto ma l’energia da esso immagazzinata e ricevuta dal giacimento provoca una variazione di fase dello stesso, più propriamente dallo stato liquido a quello vapore. In un sistema geotermico, dove con l’incrementare della profondità aumenta il battente idrostatico, di solito in tutta la condotta di mandata si ha scambio di calore sensibile, dato che la pressione idrostatica è solitamente superiore alla tensione di vapore del fluido. Nella condotta ascendente la progressiva riduzione della pressione porta all’innescarsi di condizioni di liquido surriscaldato che, alla quota alla quale la pressione idrostatica diviene inferiore alla tensione di vapore, si trasforma in vapore. Dato che il passaggio di fase diminuisce bruscamente il coefficiente di scambio termico, che passa da essere limitato dalla conducibilità termica delle rocce a quella della fase gassosa, non è più strettamente necessario procedere alla variazione della sezione del condotto ascendente. La quota alla quale far avvenire il passaggio di stato può essere controllata dall’operatore modificando il valore delle pressione del fluido in ingresso alla condotta di mandata. In linea di principio è possibile mantenere il fluido costantemente in fase liquida e farlo vaporizzare in superficie.
Sovente, nei sistemi basati su scambio di calore latente si reimmette nello scambiatore geotermico un fluido ancora ad alta temperatura, o perlomeno ad una temperatura più alta di quella delle rocce circostanti. Ciò si verifica in particolare alle profondità più modeste, in prossimità della superficie. Diviene quindi importante evitare che il fluido perda calore prima che esso raggiunga la parte più profonda e più calda del giacimento dove inizia a incrementare il suo contenuto entalpico a spese dell’energia geotermica del giacimento. La soluzione è quindi realizzare un condotto discendente, 1 , con sezione più piccola di quella adottata nella zona profonda calda, come mostrato dalla Figura 5c. Il punto di variazione della sezione è identificato in Figura 5c dalla profondità H’. Da questo punto in poi il fluido è più freddo delle rocce circostanti ed è quindi in grado di ricevere calore da esse. Nel condotto di risalita, 2, alla quota H”, il fluido raggiunge la temperatura delle rocce circostanti. Da quel punto in poi deve essere garantito che esso non disperda calore verso l’ambiente circostante. Come già descritto, ciò può essere ottenuto riducendo la sezione del condotto. Infine, ad una quota non meglio precisata e dipendente dalla pressione col quale il fluido è immesso nel condotto di mandata e dal battente idrostatico, si verifica l’evaporazione dello stesso che previene ulteriormente lo scambio termico con le rocce esterne più fredde e così consentendo il mantenimento di una temperatura prossima a quella massima sino alla superficie. Il profilo termico qualitativo dello scambiatore è quindi quello illustrato in Figura 5d. Così operando si riducono le dispersioni termiche che avrebbero richiesto la realizzazione di un condotto di scambio ben più lungo, per ottenere una temperatura superficiale analoga, se si fosse operato con uno scambiatore a sezione costante, come quello illustrato in Figura 5a, i cui profili termici qualitativi sono riportati in Figura 5b.
Quindi, la configurazione impiantistica da preferire è quella illustrata nella Figura 5c con variazioni della sezione dell’ordine di 1 a 4. Per ottimizzare lo scambiatore e quindi raccogliere il massimo dell’energia geotermica è importante localizzare con accuratezza tali discontinuità nei punti nei quali si verifica l’equivalenza tra la temperatura del fluido e quella del giacimento geotermico, sia in mandata che in risalita.

Claims (7)

  1. RIVENDICAZIONI 1. Metodo per desalinizzare l’acqua marina accoppiando un impianto di desalinizzazione mediante distillazione ad effetti multipli con uno scambiatore geotermico a ciclo chiuso atto a recuperare calore da un giacimento geotermico qualsivoglia (idrotermale o a rocce calde).
  2. 2. Metodo secondo la rivendicazione 1 dove sia presente una sezione di economizzazione energetica che preriscaldi l’acqua marina prima che essa raggiunga limpianto di dissalazione mediante la salamoia calda uscente da detto impianto.
  3. 3. Metodo secondo il quale l’energia necessaria alla dissalazione è raccolta da uno scambiatore geotermico a ciclo chiuso realizzato nel cuore del sito geotermico e costituito da un unico condotto che percorre il sito e che raccorda senza soluzione di continuità la sezione di mandata (discendente) e con quella di ritorno (ascendente), percorso da un fluido vettore termico, e collocato all’interno di un’unica perforazione. Tali condotti possono essere posizionati l’uno adiacente all’altro o in configurazione concentrica. In entrambi i casi essi sono annegati nelle malte di cementazione che garantiscono la continuità termica tra le rocce del giacimento e i condotti stessi. In detto sistema, il fluido vettore termico è tale da consentire un passaggio di stato da liquido a vapore nelle condizioni di temperatura e pressione del giacimento e dove il condotto discendente di mandata è percorso dal fluido vettore termico in fase liquida e dove nel condotto ascendente di risalita detto fluido dia luogo ad un cambiamento di fase con conseguente ebollizione del fluido stesso. In tale scambiatore di calore le sezioni dei condotti sono realizzate ad area variabile essendo le tubazioni con area più piccola impiegate in tutte le zone dove la temperatura del fluido vettore termico è superiore a quella delle rocce circostanti.
  4. 4. Metodo secondo le rivendicazioni 1-3 e secondo il quale la pressione al quale viene iniettato il fluido vettore termico nel condotto di mandata è tale da garantire l’ebollizione dello stesso ad una quota ben determinata nel condotto di risalita.
  5. 5. Metodo secondo le rivendicazioni 1-4 e secondo il quale lo scambio termico del fluido di mandata, per evitare perdite di contenuto entalpico nella fase iniziale ove è in contatto con terreno più freddo dello stesso fluido, è inibito da una riduzione della sezione del condotto di mandata di almeno 1⁄4 di quella usata nelle parte profonda più calda del giacimento geotermico.
  6. 6. Metodo secondo le rivendicazioni 1-5 e secondo il quale lo scambio termico del fluido di ritorno, per evitare perdite di contenuto entalpico nella fase finale della risalita ove è in contatto con terreno più freddo dello stesso fluido, la sezione del condotto di ritorno è più piccola di almeno 1⁄4 quella usata nelle parte profonda più calda del giacimento geotermico.
  7. 7. Metodo secondo le rivendicazioni precedenti ove il fluido vettore termico è in grado di cambiare di fase nelle condizioni termodinamiche del giacimento geotermico.
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