ITMI20070393A1 - Sensore elettrochimico, kit comprendente detto sensore e processo per la sua produzione - Google Patents

Sensore elettrochimico, kit comprendente detto sensore e processo per la sua produzione Download PDF

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ITMI20070393A1
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Description

DESCRIZIONE
La presente invenzione riguarda un sensore elettrochimico nanostrutturato per la determinazione di molecole biologiche di vario tipo, un kit comprendente detto sensore ed un processo per la sua produzione.
E’ noto che la determinazione qualitativa di molecole biologiche può essere effettuata mediante la tecnologia delle micromatrici o microarrays, usate per esaminare il profilo di espressione di un gene o per identificare la presenza di un gene o di una breve sequenza in una miscela. Una micromatrice è un dispositivo di analisi miniaturizzato, comprendente un supporto solido sul quale vengono fissate una pluralità di sonde costituite da frammenti di DNA a sequenza nota. Per stabilire se un campione biologico contiene un determinato acido nucleico, dal campione viene prelevata una opportuna quantità di RNA che viene convertito, con l’uso di un enzima chiamato transcriptasi inversa, in DNA complementare il quale viene allo stesso momento marcato con una molecola fluorescente.
Successivamente, il DNA così marcato viene messo in contatto con le sonde presenti sulla micromatrice per consentire l'ibridazione. Il DNA rimane legato ad una particolare sonda e può essere identificato semplicemente rilevando la posizione alla quale è rimasto legato. L’immagine della micromatrice viene acquisita ed elaborata al computer per valutare il colore e la luminosità di ogni macchia, che variano in funzione del tipo ed alla quantità di DNA complementare legatosi ad una determinata sonda.
Pertanto, la determinazione quantitativa del DNA ottenuta per mezzo di micromatrici è solo approssimativa. Inoltre, la predisposizione di questi dispositivi per l’analisi è particolarmente laboriosa, in quanto occorre tra l’altro allestire la marcatura del DNA campione con molecole fluorescenti.
Un metodo elettrochimico per la determinazione quantitativa di DNA è descritto nella pubblicazione “Electrochemical Quantitation of DNA Immobilized on Gold” Anal. Chem. 1998, 70, 4670-4677. In tale metodo, sonde di DNA a sequenza nota vengono attaccate ad un elettrodo d’oro tramite il collegamento di molecole bidentate, per esempio di 6-mercapto-l-esanolo. Le sonde vengono poi messe in contatto con una soluzione di ibridazione contenente DNA a sequenza ignota e successivamente con un elettrolita a bassa forza ionica contenente un marcatore cationico di ossidoriduzione. Tale marcatore scambia con i controioni associati al residuo nucleotidico del DNA. Mediante coulometria, viene quindi misurata la quantità di marcatore all’elettrodo, che è proporzionale al numero di residui nucletidici e può essere correlata alla densità superficiale del DNA ibridato. In questo modo, è possibile determinare qualitativamente e quantitativamente il DNA presente nella soluzione di ibridazione.
Tuttavia, un inconveniente di tale metodo elettrochimico consiste nel fatto che l’attacco di molecole di DNA agli elettrodi comporta un cambiamento delle condizioni di funzionamento degli elettrodi stessi, che si traduce in una diminuzione della corrente registrata, a discapito dell’ efficienza dell’elettrodo.
Sono anche noti biosensori elettrochimici nei quali la determinazione di uno specifico analita presente in un campione viene condotta grazie alla reazione ossidoriduttiva che si verifica tra detto analita ed un mediatore elettrochimico in presenza di un enzima di ossidoriduzione specifico per quell’ analita. Il mediatore elettrochimico viene poi riportato allo stato di ossidazione originario per contatto con l’elettrodo, e la concentrazione dell’ analita nel campione viene determinata in funzione del valore della corrente registrata.
Per esempio, in EP1118675 viene descritto un biosensore di questo tipo, il quale comprende un elettrodo di misura ed un controelettrodo realizzati, mediante stampaggio, su una piastra di base protetta da un elemento di copertura. Tra detta piastra di base e detto elemento di copertura vi è un condotto per l’introduzione della soluzione del campione nel biosensore. Detto condotto ospita a sua volta un supporto solido per un sistema di reagenti comprendenti detto mediatore elettronico e detto enzima di ossidoriduzione, i quali vengono rilasciati dal supporto quando la soluzione del campione viene introdotta nel biosensore, dissolvendosi in detta soluzione.
Tra le analisi eseguibili da parte del biosensore noto, vengono menzionate quelle per le quali sono disponibili enzimi adatti, come la misura del glucosio nel sangue o del colesterolo sierico.
Tuttavia, in tale documento non viene menzionata la possibilità di eseguire analisi qualitative o quantitative di acidi nucleici, né viene divulgato un sensore nanostrutturato per questo tipo di analisi.
Scopo della presente invenzione è pertanto quello di fornire un sensore elettrochimico nanostrutturato, che sia esente da tali inconvenienti ed un processo per la sua produzione. Detto scopo viene conseguito con un sensore elettrochimico le cui caratteristiche principali sono specificate nella prima rivendicazione, un kit comprendente detto sensore le cui caratteristiche sono specificate nella rivendicazione 15 ed un processo di produzione le cui caratteristiche sono specificate nella rivendicazione 17. Altre caratteristiche del sensore, del kit e del processo per la sua produzione sono specificate nelle rivendicazioni dipendenti.
Un vantaggio del sensore secondo la presente invenzione consiste nel fatto che consente di effettuare Tanalisi qualitativa e quantitativa di qualsiasi molecola biologica elettroattiva, per esempio acidi nucleici, proteine o enzimi. Grazie a ciò, il sensore secondo la presente invenzione trova applicazione sia nel campo della ricerca di base che nella diagnostica medica, in particolare per le malattie a base genetica, dove l’espressione genetica di cellule sane viene comparata con quella di cellule affette dalla malattia in esame.
Un altro vantaggio del sensore secondo la presente invenzione consiste nel fatto che il suo utilizzo è particolarmente semplice e non richiede la marcatura dell’analita con molecole fluorescenti o radioattive.
Ancora un altro vantaggio del sensore secondo la presente invenzione consiste nella sua accuratezza e precisione di analisi e nell’elevato rapporto tra segnale e rumore, che sono legate alle dimensioni nanometriche degli elettrodi ed alla presenza di una pluralità di nanoelettrodi collegati tra loro.
Un ulteriore vantaggio del sensore secondo una forma realizzativa preferita dell’invenzione consiste nel fatto che il riconoscimento di una determinata molecola biologica è evidenziato anche per mezzo di un segnale ottico che si aggiunge a quello elettrochimico, aumentando in questo modo l’efficienza del sensore.
Ulteriori vantaggi e caratteristiche del sensore secondo la presente invenzione risulteranno evidenti agli esperti del ramo dalla seguente dettagliata descrizione di una sua forma realizzativa con riferimento agli annessi disegni in cui:
-la figura 1 è una rappresentazione semplificata del complesso di elettrodi del sensore secondo una forma realizzativa preferita della presente invenzione;
-la figura 2 mostra una vista schematica ingrandita della configurazione degli elettrodi di lavoro del sensore secondo una forma realizzativa preferita della presente invenzione;
-la figura 3 mostra una rappresentazione schematica della struttura degli elettrodi di lavoro di figura 2;
-la figura 4 è uno schema del funzionamento di un elettrodo di lavoro del sensore secondo la presente invenzione;
-la figura 5 mostra una vista in sezione laterale della porzione centrale del sensore di figura 2;
-la figura 6 mostra una vista dall’alto di un elemento di copertura del sensore di figura 2;
-la figura 7 mostra una vista in sezione laterale della porzione centrale del sensore secondo una seconda forma realizzativa dell’invenzione;
-la figura 8 mostra una vista in sezione trasversale completa del sensore di figura 2; e
-la figura 9 mostra una vista dall’alto del sensore di figura 8.
Il sensore secondo l’invenzione comprende in modo noto un sistema di elettrodi formati da almeno un elettrodo di lavoro, un controelettrodo ed un elettrodo di riferimento collegati ad un potenziostato. Facendo riferimento alla figura 1, si vede che secondo una forma realizzativa preferita, il sensore secondo l’invenzione comprende due elettrodi di lavoro 1 e 2, un controelettrodo 3 ed un elettrodo di riferimento 4, collegati ad un bipotenziostato 5. Detto bipotenziostato 5 controlla indipendentemente i quattro elettrodi, operando sui due elettrodi di lavoro secondo un criterio che verrà illustrato in seguito.
Al momento dell’uso del sensore, detti elettrodi 1, 2, 3 e 4 sono immersi in una soluzione 6, che può essere acquosa o anche costituita da liquidi ionici o solventi aprati ci a bassa costante dielettrica, per esempio acetonitrile. Tali solventi possono essere necessari per particolari tipi di analisi, perché permettono di estendere la finestra di potenziale accessibile e di effettuare analisi di specie ad alto potenziale di ossidazione o aventi un potenziale di riduzione negativo.
Facendo riferimento alla figura 2, si vede che gli elettrodi di lavoro 1 e 2 sono elettrodi compositi, costituiti cioè da schiere di nanoelettrodi disposti su un substrato isolante.
In particolare, nella forma realizzativa qui illustrata, gli elettrodi 1 e 2 formano un insieme a geometria interdigitata lineare, ciascuno di essi comprendendo varie schiere lineari di nanoelettrodi, indicati con i numeri di riferimento 11 per l’elettrodo 1 e 21 per l’elettrodo 2. Nella presente descrizione e nelle rivendicazioni, la porzione degli elettrodi di lavoro che comprende le schiere di nanoelettrodi viene definita area attiva degli elettrodi.
In altre forme realizzative dell’invenzione potrebbero essere vantaggiosamente utilizzate altre geometrie interdigitate degli elettrodi, per esempio circolari, triangolari o asimmetriche. Anche la forma dei nanoelettrodi potrebbe essere diversa da quella circolare illustrata nella figura, per esempio essi potrebbero avere forma ovale e dimensione variabile.
Ciascuna schiera degli elettrodi interdigitati non contiene necessariamente solo una riga di nanoelettrodi, ma possono essere invece predisposte anche due o più righe allineate o sfalsate di nanoelettrodi, che definiscono la cosiddetta configurazione ad “array di array”. Inoltre, non é necessario che i nanoelettrodi siano disposti in modo regolare, ma essi possono configurare insiemi disordinati o parzialmente disordinati, cosiddetti “ensemble”.
E’ infatti noto in elettrochimica che l’uso di elettrodi compositi, costituiti da schiere interdigitate di nanoelettrodi le cui dimensioni sono inferiori allo spessore dello strato di diffusione porta ad un aumento del flusso diffusionale e così ad una amplificazione del segnale rispetto al segnale rilevato ad un singolo elettrodo macroscopico. Di conseguenza, si ottiene un miglioramento del rapporto tra segnale e rumore del sensore.
In particolare, per gli elettrodi a geometria intedigitata si ottiene un incremento del segnale anche grazie ad un effetto catalitico sulle reazioni di ossidazione e riduzione dell’analita, dovuto alla reciproca vicinanza degli elettrodi interdi gitati.
Inoltre, gli elettrodi nanostrutturati presentano il vantaggio di consentire un aumento del trasporto di massa delle specie coinvolte nelle reazioni elettrochimiche agli elettrodi ed una conseguente accelerazione delle reazioni elettrochimiche stesse. Infatti, per elettrodi macroscopici il trasporto di massa é controllato unicamente dalla diffusione delle specie reattive in prossimità degli elettrodi. Di conseguenza, la velocità della reazione elettrochimica é limitata. Su elettrodi nanostrutturati, invece, il trasporto di massa è altamente accelerato proprio grazie all’assetto nanometrico che permette una componente diffusiva addizionale in direzione radiale rispetto ai singoli nanoelettrodi, la quale non è presente in elettrodi macroscopici.
Un ulteriore vantaggio degli elettrodi nanostrutturati consiste in una variazione dell’area elettrochimicamente attiva rispetto a quella degli elettrodi macroscopici. Tale variazione determina una costante di tempo molto piccola per il circuito RC del sistema analitico e pertanto permette velocità di scansioni elevate. Per una esposizione completa delle proprietà e dei vantaggi degli elettrodi compositi a struttura interdigitata si rimanda all’ampia letteratura del settore.
Per consentire i sopra menzionati effetti, gli elettrodi devono operare in condizioni di totale sovrapposizione degli strati di diffusione di ogni singolo nanoelettrodo, pertanto la densità dei nanoelettrodi sulle varie bande deve essere elevata. Anche la distanza tra schiere adiacenti di nanoelettrodi deve essere molto piccola, preferibilmente essa è inferiore a circa 10 Dm. La larghezza della porzione del substrato isolante che porta ciascuna schiera è preferibilmente minore di circa 1,2 Dm, mentre la dimensione dei nanoelettrodi costruiti su tale porzione è nanometrica. Preferibilmente, il loro diametro è minore di circa 0,6 Dm.
In figura 3 si vede che l’elettrodo di lavoro 1, analogamente all’elettrodo 2, comprende un substrato isolante 7 sul quale è depositato un primo strato metallico 8 costituito da un metallo conduttore o da una lega. Tale primo strato ha la funzione di modificare la superficie del substrato isolante 7 rendendo possibile Tadesione di un secondo strato metallico 9 di un metallo nobile adatto alla realizzazione di nanoelettrodi, per esempio oro.
Materiali isolanti adatti per la realizzazione di un substrato degli elettrodi di lavoro del sensore secondo la presente invenzione sono per esempio vetro, allumina, o polimeri aventi un’alta costante dielettrica come un policarbonato.
Il materiale del primo strato metallico 8 deve essere scelto in funzione della particolare natura del substrato. Preferibilmente, detto substrato isolante viene realizzato in vetro, sul quale viene depositato un primo strato metallico di titanio.
Sopra detto secondo strato metallico 9, sono realizzati i nanoelettrodi 11, costituiti preferibilmente dallo stesso metallo nobile del secondo strato, i quali risultano inseriti in uno strato isolante 10 costituito da una resina funzionalizzata o funzionalizzabile, adatta per litografie e nanolitografie. Nella presente descrizione e nelle rivendicazioni, per resina funzionalizzabile si intende una resina provvista di gruppi funzionali reattivi atti a formare, in determinate condizioni di reazione, un legame stabile con una molteplicità di molecole 12 in funzione di collegamento tra detto strato isolante 10 e una sonda 13 specifica per una determinata molecola biologica 14 da rilevare. Per resina funzionalizzata si intende invece una resina sulla cui superficie siano già legate molecole 12, aventi la funzione sopra definita.
In generale, detta resina funzionalizzabile può essere costituita da qualsiasi polimero o copolimero provvisto di gruppi reattivi liberi, come per esempio gruppi amminici, carbonilici, carbossilici, e anelli aromatici o eterociclici sostituiti. Detta resina è preferibilmente scelta nel gruppo formato da: policarbonati, polimetilmetacrilato, polivinilpiridina, polistirene e loro derivati o copolimeri. Per esempio possono essere utilizzati copolimeri del polimetilmetacrilato con acido polivinilacetico, polivinilpirrolidone, polivinilalcool o polistirene, oppure copolimeri del polistirene con acido polivinilacetico, polivinilpiridina, o polistirene con gruppi amminici, carbossilici o fenolici sostituiti sull’anello aromatico. Ancora più preferibilmente, può essere utilizzata una resina fotosensibile come una resina Novolac.
In figura 4 è mostrato che la superficie dello strato isolante 10 risulta già opportunamente funzionalizzata per l’attacco di molecole biologiche da rilevare. In particolare, sulla superficie strato isolante sono legate una molteplicità di molecole 12 che fungono da collegamento tra detto strato isolante 10 e una sonda 13 specifica per una determinata molecola biologica 14 da rilevare.
Dette molecole 12 sono pertanto molecole bidentate, che risultano legate a detto strato isolante 10 grazie alla reazione con detti gruppi funzionali reattivi di detto strato, e sono inoltre provviste di altri gruppi funzionali reattivi con gruppi complementari della sonda. Tali molecole 12 comprendono inoltre una catena lineare sufficientemente lunga da permettere alla sonda di disporsi ad una certa distanza dalla superficie della resina, in modo da consentire l’attacco di un numero elevato di molecole di analita in prossimità di ciascun nanoelettrodo, superando l’impedimento formato dal notevole ingombro di determinati analiti. Preferibilmente, detta catena lineare comprende almeno sei atomi.
Per esempio, per il collegamento con una sonda costituita da un insieme di acidi nucleici a sequenza nota, le molecole 12 possono vantaggiosamente comprendere gruppi funzionali amminici, epossidici, carbossilici, pirrolidonici, alogeno, reattivi con i filamenti di DNA della sonda, opportunamente funzionalizzati con gruppi idonei a reagire con detti gruppi funzionali delle molecole 12.
Preferibilmente, dette molecole 12 sono scelte nel gruppo formato dai silani. Ancora più preferibilmente, per la funzionalizzazione della superficie dello strato isolante 10 viene utilizzata 3-(trietossisilil)-propilammina oppure 3-(glicidossipropil)-trimetossisilano. Tali molecole presentano infatti ottime stabilità ed i loro gruppi funzionali terminali possono essere sostituiti, anche in fasi successive a quella della produzione del sensore, da qualsiasi altro gruppo terminale idoneo alTattacco di una specifica sonda .
Le molecole 12 sono inoltre prive di gruppi funzionali capaci di formare un legame con la superficie dei nanoelettrodi. Per esempio, nel caso in cui i nanoelettrodi siano realizzati in oro, le molecole 12 non devono comprendere gruppi mercaptanici.
In figura 4 si vede anche che la superficie degli elettrodi e l’adiacente superficie dello strato isolante 10 sono a contatto, nel sensore, con una soluzione contenente un mediatore elettrochimico specifico per una determinata molecola biologica 14 da rilevare. Detto mediatore agisce trasferendo elettroni tra detta molecola biologica 14 legata alla sonda 13 e un adiacente nanoelettrodo ll. A tale scopo, è necessario che il mediatore elettrochimico presenti un opportuno potenziale di ossidoriduzione che lo renda adatto a scambiare elettroni con molecole di acidi nucleici o altre molecole biologiche elettroattive in corso di analisi. Nel caso in cui siano da determinare varie molecole biologiche, è anche possibile utilizzare una miscela di diversi mediatori chimici.
Secondo una forma relazzativa alternativa dell'invenzione, le molecole 12 possono consentire l'attacco di un mediatore elettrochimico opportunamente funzionalizzato mentre.
Tra i vari tipi di mediatori elettrochimici noti nel settore, risulta preferibile Tutilizzo di esafluorofosfato di ferrocenilmetil-trimetilammonio oppure di tris(2,2’ bipiridile)rutenio(II) cloniro esaidrato, osmio bipiridile o omologhi sostituiti. Tali mediatori elettochimici presentano infatti anche una proprietà di elettrochemiluminescenza legata alla transizione tra due diversi stati ossidativi, pertanto predisponendo opportunamente il sensore, come illustrato in seguito, è possibile registrare la relativa emissione luminosa ricavandone un ulteriore segnale correiabile alla presenza ed alla quantità di un determinato analita. In alternativa, possono essere utilizzati altri mediatori elettrochimici, per esempio blu di metilene o ferrocianuro di potassio.
Facendo ora riferimento alla figura 5, si vede che gli elettrodi di lavoro 1 e 2 finora descritti sono collocati sopra una base 15 di un contenitore per circuiti integrati del tipo DIL (acronimo dell’espressione inglese “dual in line”). Sopra gli elettrodi è disposta una cornice 16 in materiale polimerico inerte, sulla quale si appoggia un elemento di copertura 17. Internamente al sensore risulta quindi definita una camera di reazione 18 destinata ad accogliere la soluzione da analizzare, che viene iniettata in essa e scaricata attraverso due piccoli fori della cornice 16. E da notare che la cornice recinge solo le porzioni attive degli elettrodi 1 e 2 lasciandone liberi i terminali.
Secondo una forma realizzativa preferita dell’invenzione, rappresentata nella figure 5 e 6, l’acquisizione dei segnali ottici di riconoscimento di un analita, inviati dai mediatori elettrochimici, è effettuata grazie a una matrice di fotodiodi racchiusa in detto elemento di copertura 17. A tale scopo, detto elemento è costituito almeno parzialmente da un materiale otticamente trasparente al segnale luminoso emesso da detti mediatori.
Preferibilmente, l’elemento di copertura 17 comprende almeno uno strato di materiale otticamente trasparente ed isolante, rivolto esternamente a detta camera di reazione, ed uno strato di materiale otticamente trasparente e conduttore, rivolto verso l’interno della camera 18. Per esempio, il materiale otticamente trasparente ed isolante dello strato esterno può essere un policarbonato, mentre il materiale otticamente trasparente e conduttore dello strato interno alla camera 18 è preferibilmente un ossido misto di stagno e indio (ITO). Tra i due strati è racchiusa la matrice di fotodiodi.
Nella figura 6 è visibile, protetta allinterno dell' elemento di copertura, una matrice di fotodiodi 19 la cui posizione coincide con quella dei nanoelettrodi disposti all' interno della camera 18. Ciascun fotodiodo è atto a rilevare i segnali ottici inviati dai mediatori elettrochimici in corrispondenza di un nanoelettrodo.
L’acquisizione del segnale ottico può anche essere realizzata con altri tipi di sensori ottici, come per esempio sensori CCD.
Secondo una forma realizzativa alternativa dell’invenzione, rappresentata nella figura 7, l’acquisizione del segnale ottico avviene invece per mezzo di una fibra ottica 20 di opportuna banda passante, che può essere introdotta nella camera 18 attraverso un apposito foro del substrato isolante 7 e della base 15, e ad essi fissata. La fibra ottica 20 raccoglie il segnale luminoso emesso dal mediatore elettrochimico e lo convoglia anche in questo caso ad un opportuno sensore ottico, per esempio un fotodiodo o un sensore CCD.
Nelle figure 8 e 9 è anche rappresentato un elettrodo di riferimento 4, che secondo la presente forma realizzativa dell’invenzione è un elettrodo Ag/AgCl supportato dall’elemento di copertura 17. In detto elemento di copertura è infatti ricavato un canale che collega la camera 18 con l’esterno e che alloggia detto elettrodo di riferimento. L’elettrodo di riferimento risulta così inserito con una sua estremità nella camera 18, mentre l’altra estremità è collegata al bipotenziostato 5 (non illustrato).
Con riferimento alla figura 8, si vede che nel sensore secondo una forma realizzativa preferita dell’invenzione, un lato conduttore dello strato di ITO dell'elemento di copertura 17 funge da controelettrodo ed anch’esso risulta collegato, mediante collegamento 22, al bipotenziostato. L’altro lato dello strato di ITO non è conduttore e funge quindi da copertura trasparente alla matrice di fotodiodi 19.
A detto bipotenziostato vengono portati altri collegamenti 23 allacciati ai terminali degli elettrodi di lavoro.
Le misure elettrochimiche possono essere eseguite sul sensore secondo la presente invenzione operando nel modo seguente.
In determinati siti della superficie dello strato isolante 10 degli elettrodi di lavoro 1 e 2, in prossimità dei nanoelettrodi, vengono depositate sonde di DNA a filamento singolo opportunamente funzionalizzate, o altre sonde specifiche per le molecole biologiche da rilevare, le quali si legano ai terminali liberi delle molecole 12 di collegamento. La modalità e le condizioni della deposizione dipendono dalla natura di tali molecole 12 di collegamento e sono facilmente determinabili per un tecnico del settore.
Secondo una forma realizzativa alternativa del sensore secondo la presente invenzione, come illustrato in seguito il sensore è già predisposto con sonde di DNA legate alle molecole 12 di collegamento in determinati siti della superficie dello strato isolante 10 degli elettrodi di lavoro 1 e 2, per cui questo primo atto non è necessario.
Successivamente, viene preparato un estratto di DNA da analizzare. Per esempio, può essere analizzato con il sensore secondo la presente invenzione un estratto da cellule umane, da virus o da batteri ottenuto secondo metodologie note.
Con una procedura di ibridazione, le molecole di DNA dell’estratto si legano a quelle complementari delle sonde per formare DNA a doppia catena, che risulta immobilizzato su siti dello strato 10, in prossimità dei nanoelettrodi.
Nel sensore viene poi iniettata una soluzione tamponata contenente un mediatore elettrochimico opportunamente scelto in funzione della particolare analisi da effettuare.
A questo punto, viene attivato il bipotenziostato 5 il quale impone ad uno degli elettrodi di lavoro un potenziale fisso ed all’altro un potenziale variabile. Per esempio, sull’elettrodo 1 o generatore può essere operata una scansione lineare del potenziale. I potenziali applicati dipendono dalla natura delle molecole analizzate, dal particolare mediatore elettrochimico utilizzato e della tipologia specifica dell’elettrodo. Per esempio, il potenziale dell’elettrodo 1 o generatore può variare linearmente da 0 a 0,6 V mentre l’elettrodo 2 o collettore può essere mantenuto ad un potenziale di 0,1 V maggiore del potenziale di ossidoriduzione della specie analizzata.
Nel caso che il sensore comprenda un solo elettrodo di lavoro, può essere eseguita una classica voltammetria ciclica operando in modalità singola, secondo principi noti nella tecnica.
In base alla corrente registrata viene effettuata la determinazione qualitativa e quantitativa delle specie ricercate. Contemporaneamente, è possibile rilevare con il fotomoltiplicatore la luce emessa dal mediatore elettrochimico. In questo modo, si ottiene un secondo segnale anch’esso correiabile alla quantità delle varie molecole biologiche analizzate. L’ottenimento di due tipi di segnale, elettrochimico ed ottico, permette di aumentare ulteriormente l’efficienza e la precisione del sensore.
Il sensore secondo la presente invenzione può essere costruito secondo un processo comprendente una deposizione di un primo strato metallico 8 di un metallo conduttore sopra un substrato isolante 7, ed una successiva deposizione di un secondo strato metallico 9 in metallo nobile sopra detto primo strato metallico 8.
La deposizione degli strati metallici può avvenire per esempio mediante evaporazione del metallo sotto vuoto. In alternativa, è possibile utilizzare tecniche di elettrodeposizione o di deposizione per riduzione (anche nota con il termine inglese “electroless”), note nel settore.
Sopra detto secondo strato metallico 9 viene poi depositato uno strato isolante 10, preferibilmente in resina fotosensibile. Per far ciò, può essere preferibile depositare preventivamente uno strato di materiale adesivante utilizzando la tecnica di rivestimento mediante centrifugazione (anche nota con il termine inglese “spin-coating”).
Su detto strato vengono formati i nanoelettrodi 11, 21 che possono avere una distribuzione uniforme oppure disuniforme, a seconda delle esigenze di analisi. In particolare, lo strato isolante 10 viene sottoposto a una opportuna tecnica litografica o nanolitografica, come per esempio la litografia ottica ad alta risoluzione, litografia laser, a raggi X, elettronica, ad immersione o ad imprinting, con l’ausilio di un comune programma di grafica per processi litografici grazie al quale è possibile definire forma e distribuzione dei nanoelettrodi da realizzare. Per alcune di queste tecniche è necessaria una fase di sviluppo selettivo della resina che costituisce lo strato isolante.
Si ottengono così nello strato polimerico 10 una pluralità di incavi di profondità tale da scoprire il sottostante secondo strato metallico. All’interno di detti incavi vengono realizzati i nanoelettrodi nello stesso metallo nobile del secondo strato metallico, mediante crescita elettrolitica in un bagno a potenziale costante o mediante deposizione electroless.
E consigliabile pulire la superficie dei nanoelettrodi appena formati, ad esempio mediante immersione del dispositivo in una soluzione acida. La pulizia dei nanoelettrodi può poi essere completata, dopo averne completato il collegamento elettrico, eseguendo qualche centinaio di scansioni di potenziale degli elettrodi a bassa velocità.
Prima di effettuare la funzionalizzazione della superficie della resina polimerica è preferibile controllare gli elettrodi, sottoponendoli ad alcuni cicli di scansione di potenziale in presenza di una soluzione di un mediatore elettrochimico di riferimento, per esempio tris(2,2’-bipiridile)rutenio(II) cloruro esaidrato.
Detta funzionalizzazione dello strato isolante 10 viene preferibilmente effettuata utilizzando la tecnica di deposizione da fase vapore (CVD) del reagente desiderato, il quale varia a seconda della molecola biologica da analizzare. La tecnica di deposizione in fase vapore risulta vantaggiosa in quanto essa è semplice, economica, permette un facile controllo della densità superficiale delle molecole 12 e non comporta fenomeni indesiderati di decomposizione del reagente o formazione di sottoprodotti. Tuttavia, per la funzionalizzazione dello strato isolante potrebbero essere utilizzate altre tecniche note che consentano di legare ad esso opportune molecole di collegamento 12. Tale funzionalizzazione potrebbe eventualmente essere effettuata anche da parte dell’utente finale del sensore.
A questo punto, il substrato può venire preparato per l’acquisizione mediante fibre ottiche del segnale luminoso eventualmente emesso agli elettrodi. Una fibra ottica di opportuna banda passante viene quindi fissata al substrato precedentemente forato, come mostrato in figura 7. Nel caso in cui venga invece prevista l’acquisizione del segnale ottico mediante fotodiodi disposti nell’elemento di copertura 17, non è necessario l’utilizzo di fibre ottiche.
Gli elettrodi di lavoro così realizzati e funzionalizzati vengono poi fissati sopra una base 15 di un contenitore per circuiti integrati, per esempio del tipo DIL. Gli elettrodi vengono quindi collegati in modo noto con i contatti elettrici predisposti sul contenitore.
Successivamente viene creata la camera di reazione 18, disponendo intorno alle porzioni attive degli elettrodi di lavoro una cornice 16 in materiale polimerico inerte provvista di due piccoli fori. I terminali degli elettrodi di lavoro 1 e 2 vengono invece lasciati all’estemo della cornice 16.
Sulla cornice viene appoggiato l’elemento di copertura 17 nel quale è integrato un elettrodo di riferimento, per esempio Ag/AgCl. Secondo una forma realizzativa dell’invenzione, tale elemento di copertura 17 comprende almeno uno strato di materiale otticamente trasparente ed isolante, per esempio policarbonato, uno strato di materiale conduttore in ossido misto di stagno e indio (ITO) che funge anche da controelettrodo, ed una matrice di fotodiodi che è racchiusa tra detti due strati.
Anche i terminali dell’elettrodo di riferimento e del controelettrodo vengono collegati con i contatti elettrici predisposti sul contenitore.
Il seguente esempio illustra le modalità di utilizzo del sensore secondo l’invenzione.
ESEMPIO
Due elettrodi secondo l’invenzione di 200 x 200 Dm furono puliti con acqua, incubati in una soluzione appena preparata al 2.5% (v/v) di glutaraldeide in tampone fosfato 0.1M a pH 7 per 2 ore a temperatura ambiente. Gli elettrodi furono poi lavati con tampone fosfato ( 2 x 10 min). Fu preparata una soluzione aggiungendo 100 pmol/ml NH2 -ssDNA ad 1 mi di tampone fosfato a pH 7, e gli elettrodi furono incubati per 4 ore a 37° C in tale soluzione.
Successivamente si lavarono 5 volte gli elettrodi con una soluzione SSC contenente Tween 20 allo 0.1 % per 15 min., e poi ancora con acqua deionizzata.
Fu poi preparata una soluzione di ibridazione contenente ss-DNA complementare 20 M in 25mM di soluzione tampone sodio fosfato, a pH 7, 25 mM in NaCl e 100mM in MgC12. Gli elettrodi furono incubati per 40 min. a 37° C. Furono poi effettuati due lavaggi con tampone fosfato a pH 7, per 10 minuti, e tre lavaggi con acqua.
Nella camera di reazione del sensore fu poi introdotta una soluzione di 30uM Ru(BPy)3 in tampone fosfato a pH 7, contenente anche ossalato di sodio a concentrazione 1000 volte inferiore risetto al Ru(Bpy)3.
Fu effettuato un voltammogramma variando il potenziale nell’intervallo tra -0,5 V e 0,8 V a velocità di scansione di 20mV/s con controelettrodo ed elettrodo di riferimento SCE .
Contemporaneamente la luce emessa dal Ru(BPY) 3 venne rilevata con il fotomoltiplicatore.
Si ottenne così un segnale elettrico proveniente dal fotomoltiplicatore a seguito dell’ elettrochemiluminescenza generata dal mediatore elettrochimico utilizzato ed un secondo segnale elettrico generato dalla scansione voltammetrica al potenziale specifico del mediatore elettrochimico utilizzato. La variazione della differenza di intensità di corrente registrata rispetto alla sola corrente generata dalla presenza del solo mediatore elettrochimico fornì, previa taratura, un dato correiabile alla quantità di molecole elettroattive analizzate dal sensore.

Claims (23)

  1. RIVENDICAZIONI 1. Sensore elettrochimico per la rivelazione di molecole biologiche, comprendente un sistema di elettrodi operanti all’interno di una camera di reazione (18) la quale è destinata a contenere un sistema di reagenti in soluzione, detto sistema di elettrodi comprendendo almeno un elettrodo di lavoro (1), un controelettrodo (3) ed un elettrodo di riferimento (4), detto sistema di reagenti comprendendo almeno un mediatore elettrochimico, caratterizzato dal fatto che detto elettrodo di lavoro (1) è formato da schiere di nanoelettrodi (11, 21) in metallo nobile inseriti in uno strato isolante (10) costituito da una resina adatta per litografie e nanolitografie, funzionalizzata o funzionalizzabile per l’attacco di molecole biologiche da rilevare.
  2. 2. Sensore secondo la rivendicazione 1 caratterizzato dal fatto che detto sistema di elettrodi comprende due elettrodi di lavoro (1, 2) reciprocamente interdi gitati.
  3. 3. Sensore secondo la rivendicazione 1 o 2 caratterizzato dal fatto che alla superficie dello strato isolante (10) sono legate una molteplicità di molecole (12) in funzione di collegamento con una sonda (13) specifica per una molecola biologica (14) da rilevare.
  4. 4. Sensore secondo la rivendicazione 1, caratterizzato dal fatto che detta resina è una resina fotosensibile.
  5. 5. Sensore secondo la rivendicazione 1, caratterizzato dal fatto che detta resina è scelta nel gruppo formato da: policarbonato, polimetilmetacrilato, polivinilpiridina, polistirene, loro derivati o copolimeri, e copolimeri fenol-aldeidici.
  6. 6. Sensore secondo la rivendicazione 1, caratterizzato dal fatto che dette molecole (12) di collegamento sono costituite da 3-(trietossisilil)-propilammina o 3-(glicidossipropil)-trimetossisilano.
  7. 7. Sensore secondo la rivendicazione 2, caratterizzato dal fatto che detti elettrodi di lavoro (1, 2) formano un insieme a geometria interdigitata lineare simmetrica.
  8. 8. Sensore secondo la rivendicazione 2, caratterizzato dal fatto che ciascuno di detti elettrodi di lavoro comprende un substrato isolante (7), un primo strato metallico (8) conduttore ed un secondo strato metallico (9), realizzato nello stesso metallo nobile dei nanoelettrodi (11, 21), sul quale è disposto detto strato isolante (10).
  9. 9. Sensore secondo la rivendicazione 1 o 2, caratterizzato dal fatto che detta camera di reazione (18) è provvista di un elemento di copertura (17) che racchiude una matrice di fotodiodi (19) ed è costituito almeno parzialmente da un materiale otticamente trasparente al segnale luminoso emesso da detto mediatore elettrochimico.
  10. 10. Sensore secondo la precedente rivendicazione, caratterizzato dal fatto che detto elemento di copertura (17) comprende almeno uno strato di materiale otticamente trasparente ed isolante ed uno strato di materiale otticamente trasparente e conduttore, rivolto verso l’interno di detta camera di reazione (18), il quale forma detto controel ettrodo (3 ) .
  11. 11. Sensore secondo la precedente rivendicazione, caratterizzato dal fatto che detto materiale otticamente trasparente e conduttore è un ossido misto di stagno e indio (ITO).
  12. 12. Sensore secondo una delle rivendicazioni da 1 a 8, caratterizzato dal fatto che il segnale ottico viene acquisito allinterno della camera (18) per mezzo di una fibra ottica (20) di opportuna banda passante, la quale lo convoglia ad un opportuno sensore ottico.
  13. 13. Sensore secondo una delle precedenti rivendicazioni, caratterizzato dal fatto di essere implementato in un contenitore DIL.
  14. 14. Sensore secondo una delle precedenti rivendicazioni, caratterizzato dal fatto che alle molecole (12) di collegamento sono legate sonde opportunamente funzionalizzate di DNA a singola catena.
  15. 15. Kit comprendente un sensore secondo una delle rivendicazioni da 1 a 14 ed una fiala contenente una soluzione acquosa di un mediatore elettrochimico specifico per una determinata molecola biologica da rilevare.
  16. 16. Kit secondo la precedente rivendicazione, caratterizzato dal fatto che detto mediatore elettrochimico è scelto nel gruppo formato da esafluorofosfato di ferrocenilmetil-trimetilammonio, tris(2,2<,>-bipiridile)rutenio(II) cloruro esaidrato, osmio bipiridile e loro derivati.
  17. 17. Processo per la produzione per un sensore secondo una delle rivendicazioni da 1 a 14, comprendente le fasi di: a) deposizione di un primo strato metallico (8) di un metallo conduttore sopra un substrato isolante (7); b) deposizione di un secondo strato metallico (9) in metallo nobile sopra detto primo strato metallico (8); c) deposizione sopra detto secondo strato metallico (9) di uno strato isolante (10) costituito da una resina adatta per litografie e nanolitografie, funzionalizzata o funzionalizzabile per l’attacco di molecole biologiche da rilevare; e d) formazione di nanoelettrodi (11, 21) su detto strato isolante (10).
  18. 18. Processo secondo la rivendicazione precedente, caratterizzato dal fatto di comprendere una ulteriore fase di: e) funzionalizzazione dello strato isolante (10).
  19. 19. Processo secondo la rivendicazione precedente, caratterizzato dal fatto che detto strato isolante (10) è costituito da una resina fotosensibile, e che la formazione di nanoelettrodi (11, 21) viene realizzata mediante esposizione e sviluppo selettivo di detta resina fotosensibile con formazione di incavi di profondità tale da scoprire il sottostante secondo strato metallico (9) e successiva crescita elettrolitica di metallo nobile all’ interno di tali incavi.
  20. 20. Processo secondo la rivendicazione precedente, caratterizzato dal fatto che la deposizione di detto primo e secondo strato metallico viene realizzata mediante evaporazione sotto vuoto oppure elettrodeposizione del metallo.
  21. 21. Processo secondo la rivendicazione 18, caratterizzato dal fatto che detta funzionalizzazione dello strato isolante (10) viene effettuata mediante deposizione da fase vapore (CVD) delle molecole (12) di collegamento.
  22. 22. Processo secondo la rivendicazione precedente, caratterizzato dal fatto che in determinati siti di detto strato isolante (10) funzionalizzato vengono depositate sonde (13) di DNA a filamento singolo opportunamente funzionalizzato.
  23. 23. Uso del sensore secondo una delle rivendicazioni da 1 a 14, per la rivelazione di molecole elettroattive.
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