IT201800004527A1 - Metodo non invasivo per lo studio prenatale del dna del feto - Google Patents

Metodo non invasivo per lo studio prenatale del dna del feto Download PDF

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Russo Claudio Dello
Claudio Giorlandino
Katia Margiotti
Alvaro Mesoraca
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    • C12BIOCHEMISTRY; BEER; SPIRITS; WINE; VINEGAR; MICROBIOLOGY; ENZYMOLOGY; MUTATION OR GENETIC ENGINEERING
    • C12QMEASURING OR TESTING PROCESSES INVOLVING ENZYMES, NUCLEIC ACIDS OR MICROORGANISMS; COMPOSITIONS OR TEST PAPERS THEREFOR; PROCESSES OF PREPARING SUCH COMPOSITIONS; CONDITION-RESPONSIVE CONTROL IN MICROBIOLOGICAL OR ENZYMOLOGICAL PROCESSES
    • C12Q1/00Measuring or testing processes involving enzymes, nucleic acids or microorganisms; Compositions therefor; Processes of preparing such compositions
    • C12Q1/68Measuring or testing processes involving enzymes, nucleic acids or microorganisms; Compositions therefor; Processes of preparing such compositions involving nucleic acids
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Description

Descrizione dell’invenzione avente per titolo:
“METODO NON INVASIVO PER LO STUDIO PRENATALE DEL DNA DEL FETO”
Descrizione
Campo della tecnica
La presente invenzione si riferisce al campo della diagnosi genetica e della medicina diagnostica prenatale non invasiva. Più in dettaglio la presente invenzione si riferisce ad un innovato metodo di analisi prenatale non invasiva per la determinazione del rischio di presenza di anomalie a carico dei cromosomi presenti nel DNA fetale in un campione di sangue materno previamente prelevato. Ancor più dettagliatamente la presente invenzione si riferisce all’utilizzo nel detto metodo di una peculiare piattaforma per digital PCR per l’ottenimento di risultati ancor più affidabili rispetto ai test convenzionali.
Arte nota
Il NIPT (Non Invasive Prenatal Test) è un test predittivo e non diagnostico effettuato mediante un prelievo di sangue materno basato sull’identificazione nel sangue materno prelevato di frammenti del DNA fetale e sulla lettura e analisi delle loro sequenze. In alcuni casi (4-5%) il materiale genetico di origine fetale estratto risulta troppo scarso e l’esame non è pertanto eseguibile. La lettura del DNA fetale, oltre a rivelare il sesso del nascituro, oggi, per la maggior parte dei test attualmente in commercio, permette di riconoscere la presenza di anomalie cromosomiche (errori nel numero di cromosomi), in particolare per il cromosoma 21 (sindrome di Down), e per le altre trisomie più comuni (cromosomi 13, Patau, e 18, Edwards). Il NIPT è un esame che può essere eseguito a partire dalla decima settimana di gestazione, presenta un’elevata attendibilità ma variabile sulla base dei tanti test commerciali oggi offerti. La percentuale dei falsi positivi è bassa, attestata tra lo 0,1 e lo 0,5%. Il test non è diagnostico (ovvero il suo risultato non può essere considerato definitivo, principalmente perché alcune possibili differenze tra il DNA del feto e della parte fetale della placenta possono introdurre degli errori) ma è utilissimo per individuare le donne ad alto rischio di avere un bimbo con malattie cromosomiche. Un eventuale risultato positivo del Test sul DNA libero rende necessari esami di diagnostica prenatale invasivi, ovvero amniocentesi o villocentesi.
Il test del DNA fetale presenta alcuni limiti che riguardano la sensibilità (capacità di riconoscere la patologia se presente) e la specificità (capacità di non dare falsi positivi) del test. Dati questi che non sono elevati per tutti i cromosomi.
La maggior parte dei test di NIPT presenti in commercio, in tutto il mondo, sono caratterizzati, in linea generale, dai seguenti principali limiti:
Sensibilità non elevata per tutti i cromosomi: attualmente, i NIPT identificano circa il 50% delle anomalie identificate di routine con la diagnosi prenatale invasiva.
● Il test non distingue tutte le possibili aneuploidie (presenza di specifici cromosomi in numero anormale).
● Presenza (seppur con bassa frequenza) di falsi positivi e negativi.
● Il risultato del test è condizionato dalla quantità di DNA fetale presente nel plasma materno, che deve essere superiore al 5%.
● Nei casi di gravidanza gemellare non è possibile distinguere la condizione del singolo feto.
● La diagnosi di certezza delle aneuploidie fetali può dunque essere ottenuta esclusivamente con l’amniocentesi o la villocentesi.
Le Società Scientifiche Internazionali ritengono che i test prenatali non invasivi debbano essere eseguiti in laboratori selezionati, accreditati per le attività di Genetica Medica e qualificati a svolgere tali indagini. Il test va considerato un metodo di “screening avanzato” per la valutazione del rischio di trisomie.
Da alcuni decenni sono stati portati avanti molti progetti di ricerca finalizzati allo sviluppo di procedure non invasive, con l’intento di ridurre i rischi per il feto e di anticipare i tempi della diagnosi prenatale. Sulla base di questi progetti si era ampiamente dimostrato che sin dalle prime settimane di gravidanza era possibile rilevare nel circolo ematico materno la presenza di cellule fetali intatte e di DNA libero di origine fetale (cffDNA, cell-free fetal DNA) e che questa fonte di materiale genetico fetale poteva essere utilizzata per la diagnosi prenatale non invasiva (NIPT Non Invasive Prenatal Testing). Il DNA fetale costituisce una frazione variabile generalmente compresa tra il 3 e il 20% del DNA totale extracellulare rilevabile nel circolo materno, ha una concentrazione che tende ad aumentare progressivamente nel corso della gravidanza e può variare in presenza di aneuploidie fetali (diminuisce in trisomie 13 e 18, aumenta nella trisomia 21); esso è presente sotto forma di frammenti di dimensioni ridotte rispetto a quelli che costituiscono la frazione materna. La placenta e, in particolare, le cellule del sincizio trofoblasto in apoptosi, sono la fonte principale di cffDNA <[3, 4] >il quale è poi completamente rimosso dalla circolazione materna, probabilmente attraverso l’escrezione renale, entro poche ore dal parto <[5]>. Un punto critico dell’analisi del cffDNA è che esso rappresenta, in media, il 10% del DNA totale estratto dal plasma, mentre la frazione predominante è rappresentata dal DNA materno. Nonostante questi limiti, diversi studi hanno dimostrato come, attraverso l’utilizzo di tecnologie a elevata sensibilità (digital PCR, Massively Parallel Sequencing – MPS – sull’intero genoma o su sequenze target, SNP-based NGS, Digital Analisys of Selected Regions - DANSR) e l’applicazione di algoritmi dedicati, sia possibile eseguire il test di screening prenatale delle più comuni aneuploidie fetali (trisomia dei cromosomi 21, 13 e 18, aneuploidie dei cromosomi sessuali). Il test di screening prenatale non invasivo basato sull’analisi del DNA libero circolante nel plasma materno ha rappresentato finora un metodo accurato per la determinazione del rischio di aneuploidie fetali a carico dei cromosomi 21, 18 e 13. Per lo screening della trisomia 21 (T21) in donne a rischio aumentato il test presenta l’attendibilità maggiore, con sensibilità e specificità superiori al 99% (in particolare 99,3% riferita ai falsi negativi e 99,8% ai falsi positivi). Tali dati sono molto consistenti e suffragati da ampia letteratura scientifica. Nelle donne a rischio aumentato un’attendibilità di poco inferiore è stata riportata per l’identificazione della trisomia del cromosoma 18 (T18, sensibilità 97,4%, specificità 99,8%), sensibilmente inferiore per la trisomia del cromosoma 13 (T13, sensibilità 91,6%, specificità 99,8%), e per le aneuploidie dei cromosomi sessuali (sensibilità 91%, specificità 99,6%). Il passo successivo era stato quello di proporre il test alle più frequenti microdelezioni (es. microdelezioni 22q11) ma questi test non sono stati ancora validati in trials clinici.
Attualmente valgono le seguenti raccomandazioni in merito alla somministrazione del test di NIPT nella popolazione di gravide:
- Nei casi positivi è quindi fondamentale una conferma con il test invasivo, preferenzialmente attraverso prelievo di liquido amniotico;
- Nei casi di gravidanza gemellare non è possibile distinguere la condizione del singolo feto;
- Il test non è raccomandato in caso di anomalie fetali strutturali evidenziate ecograficamente;
- Il test non è attualmente raccomandato per lo screening di microdelezioni; - Il risultato del test è condizionato dalla quantità percentuale di DNA fetale presente nel plasma che deve essere superiore al 3-4% <[6]>, quantità inferiori possono esitare in risultati falsi negativi. La quantità relativa di DNA fetale risulta ridotta in particolari condizioni quali età gestazionale inferiore alla 10a settimana ed un indice di massa corporea materna elevato;
- L’esame ha un rischio globale di fallimento di circa 1-4%, a seconda delle casistiche, dovuto a basse percentuali di DNA fetale o ad altre cause.
Poiché la percentuale di aneuploidie riscontrate nelle gravidanze con risultato inconclusivo o non interpretabile si aggira intorno al 23% (ACOG 2015), nelle donne normopeso sarebbe opportuno che risultati di bassa frazione fetale o risultati non conclusivi, ottenuti su due prelievi distinti, eseguiti ad almeno una settimana di distanza l’uno dall’altro, e pertanto riconducibili a cause biologiche, venissero gestiti nell’ambito di una consulenza genetica volta a valutare un eventuale rischio aumentato di aneuploidie e una conseguente strategia di approfondimento diagnostico. Per tutti questi motivi il test non invasivo, secondo le linee guida scientifiche più accreditate, può essere collocato al momento all’interno del percorso degli screening prenatali nelle coppie a rischio aumentato, preceduto e seguito da consulenza genetica, con l’intento di aumentare in maniera considerevole l’efficienza diagnostica del percorso “combinato”. In questo contesto rappresenta un importante ausilio agli altri test ecografici e biochimici, che svolgono comunque una funzione al momento non sostituibile. In particolare, potrebbe rivelarsi di rilevante utilità nell’evitare la diagnosi invasiva nei casi in cui lo screening prenatale convenzionale definisse un rischio aumentato dovuto a un risultato “falso positivo”, evento che si verifica nel 5% dei casi e/o quando la coppia a rischio aumentato fosse contraria all’esecuzione di test invasivi. I criteri di inclusione nel rischio aumentato possono essere rappresentati da età materna maggiore di 35 anni, segni ecografici che depongono per un rischio aumentato di aneuploidie, risultato positivo del test di screening convenzionale (BI-test), precedenti gravidanze con feto trisomico, traslocazioni bilanciate nei genitori che predispongono a trisomie T 13 e T 21. Dal momento che si tratta di test di screening che sono in grado esclusivamente di fornire una predizione di rischio, secondo le indicazioni della comunità scientifica internazionale eventuali risultati positivi devono essere confermati mediante diagnosi prenatale invasiva e nessuna decisione in merito alla gravidanza deve essere presa sulla base esclusiva del risultato dell’indagine NIPT. In caso di risultato negativo, quando si richiede il limitato tipo di anomalie cromosomiche che sono oggetto del test (T21, T18 e T13), questo deve essere sottolineato che il test non identifica tutte le anomalie cromosomiche. Dal momento che il test non è in grado di fornire informazioni sull’eventuale presenza di difetti del tubo neurale o altri difetti congeniti o anomalie cromosomiche strutturali, sarebbe opportuno che questo test venisse offerto nell’ambito di un percorso assistito di gravidanza volto alla valutazione dello stato complessivo di salute del feto e della madre. La semplicità di accesso, attraverso un prelievo venoso, rende il test molto popolare ed un uso improprio o un abuso molto probabile. Pertanto è compito del consulente specialista in genetica medica individuare i casi in cui esso è appropriato e rendere questo concetto chiaro ai richiedenti. Durante la consulenza genetica pre-test risulta necessario chiarire che:
Lo screening prenatale non invasivo delle più frequenti anomalie cromosomiche di numero su cfDNA non è un test di routine ma può essere una scelta della coppia dopo la consulenza genetica che includa anche un’accurata storia familiare per valutare l’appropriatezza dell’approccio diagnostico;
Non è un test diagnostico, ma come test di screening presenta sensibilità e specificità elevate;
Il test è validato per le trisomie più frequenti, che rappresentano il 50-70% della patologia cromosomica fetale clinicamente rilevante, e non dà altre informazioni genetiche sul feto;
Un test negativo non assicura assenza di patologia;
Un test positivo necessita di conferma diagnostica con approccio invasivo (amniocentesi);
Nel corso dell’esame si possono riscontrare incidentalmente dei risultati non correlati con il quesito diagnostico (dovuti a patologie materne quali anomalie del cariotipo e tumori), spesso anche di difficile interpretazione. Questo rischio deve essere menzionato durante la consulenza pre-test e nel consenso informato deve essere chiaramente espressa la volontà della donna di volere/non volere esserne informata;
La quantità di DNA fetale può esser insufficiente all’esecuzione del test. Il rischio di fallimento dell’esame è di circa 1-4%; poiché un risultato non conclusivo o fallimento dell’esame è stato recentemente correlato con patologie fetali, nell’ambito della consulenza genetica post test dovrebbe essere consigliata in questi casi un’attenta valutazione ecografica ed eventualmente l’analisi del cariotipo fetale da valutare in team multidisciplinare e secondo le attitudini materne;
Lo screening prenatale non invasivo non sostituisce la diagnosi prenatale invasiva (con amniocentesi o villocentesi) che deve rimanere un’opzione percorribile;
In caso di anomalie ecografiche fetali resta indicata la DPI per eseguire indagini genetiche mirate a seconda del quadro clinico fetale;
In considerazione della complessità degli scenari illustrati, la consulenza genetica post-test dovrebbe sempre essere eseguita indipendentemente dall’esito del test;
I vantaggi rispetto agli screening combinati del primo trimestre sono: -Detection rate più alta; - Più alto valore predittivo positivo; - Alto valore predittivo negativo in particolare per T21 e T18 (importante per chi vuole evitare diagnosi prenatale invasiva); - Bassa percentuale di falsi positivi; -Minore dipendenza dall’età gestazionale (si può accedere dalla 11 settimana e per tutta la gravidanza).
Descrizione dell’invenzione
La presente descrizione si riferisce ad una innovata tecnica di screening prenatale non invasivo, ovvero ad una innovata tecnica di screening, non diagnostica, che analizza i frammenti di DNA libero circolante nel sangue materno, denominato fetal freeDNA o ffDNA, derivante dal trofoblasto (la struttura cellulare che forma la placenta). Questi frammenti di DNA ricalcano, nella stragrande maggioranza dei casi, la composizione del DNA fetale. È un test di screening in grado di valutare il rischio del feto di essere portatore di anomalie cromosomiche relative alle maggiori aneuploidie e in particolare quella riscontrabile al cromosoma 21. L’innovazione consiste nel fatto che questo è un test basato sull’applicazione di analisi molecolari, mediante l’utilizzo della Droplet Digital PCR.
Descrizione dettagliata dell’invenzione
L’invenzione viene qui di seguito descritta in riferimento ad una sua applicazione, esemplificativa e non limitativa, di screening fetale per la ricerca della trisomia 21.
È dunque di interesse puntualizzare che la tecnica descritta è da intendersi utilizzabile, modificando esclusivamente la serie di probes, anche per altre aneuploidie ed è pertanto utilizzabile per lo screening fetale di trisomie quali la T 13 e la T 18, e per la determinazione del rischio di aneuploidie a carico dei cromosomi sessuali X Y.
Più in dettaglio la presente descrizione consiste in un metodo di screening ad alta sensibilità per la ricerca di anomalie genetiche e cromosomiche in frammenti di DNA fetale presente in un campione di sangue materno previamente prelevato. Il detto metodo prevede una serie di fasi sequenziali ed in particolare:
- Una prima fase a) di estrazione e purificazione del cffDNA, una seconda fase b) di ampliamento dei filamenti degli acidi nucleici; ed una terza fase c) che prevede l’interpretazione dei dati. Il metodo si caratterizza per l’impiego della digital droplet PCR per l’attuazione delle detta fase b).
In una delle sue forme di realizzazione il detto metodo comprende:
- Una prima fase a) che prevede l’estrazione del cffDNA. Più in dettaglio il DNA circolante fetale viene estratto da un prelievo di campione plasmatico materno utilizzando, a titolo esemplificativo e non limitativo, le provette stretch tube ben note al tecnico del ramo. L’invenzione prevede che in detta fase a) venga, preferibilmente ma non limitatamente, utilizzato un protocollo automatizzato utilizzando il sistema QiaSymphony (QIAGEN, Valencia, CA, USA) anch’esso ben noto al tecnico del ramo. I kit QIAsymphony vengono utilizzati con procedure completamente automatizzate e simultanee di purificazione del DNA totale da sangue fetale, isolato da campioni di sangue materno. Più in dettaglio, la detta tecnologia è quella a particelle magnetiche che consente di purificare gli acidi nucleici di alta qualità che sono privi di proteine, nucleasi e altre impurità. Gli acidi nucleici purificati sono direttamente utilizzati in analisi successive;
- Una seconda fase b) in cui il detto metodo prevede l’impiego della Droplet Digital PCR. La reazione a catena della polimerasi digitale (Digital PCR, dPCR) è notoriamente un perfezionamento biotecnologico dei convenzionali metodi di reazione a catena della polimerasi che possono essere utilizzati per quantificare direttamente ed amplificare i filamenti di acidi nucleici. La dPCR misura quantitativamente una certa regione target ed esegue anche una singola reazione all’interno di un campione che viene separato in un gran numero di partizioni e la reazione viene eseguita singolarmente in ogni partizione. Questa separazione consente una raccolta più affidabile e una misurazione sensibile delle quantità di acido nucleico. Il principio di base della PCR digitale (dPCR) è quello di eseguire una quantificazione assoluta del DNA bersaglio presente in un campione, utilizzando diluizioni limitanti, l’amplificazione del DNA target e l’analisi dei risultati mediante la statistica di Poisson. Una peculiare piattaforma di dPCR è la “droplet digital PCR” (ddPCR) che si basa sulla ripartizione del campione in migliaia di goccioline in un’emulsione olio-acqua, la successiva amplificazione dell’emulsione contenente il DNA target, infine l’analisi delle “droplet” contenti il DNA target (positive) e non (negative) mediante la statistica di Poisson. La droplet digital PCR è una tecnica sviluppata per fornire una quantificazione assoluta di DNA, è in grado di analizzare fino a diecimila repliche dello stesso campione.
- Una terza fase c) che prevede l’interpretazione dei dati mediante specifico software (QuantStudio™ 3D AnalysisSuite™, Software Relative Quantification) droplet digital PCR.
Qui di seguito viene fornita la descrizione di un esempio, non limitativo, relativo all’applicazione del metodo in oggetto per la determinazione del rischio di presenza di trisomia per il cromosoma 21.
È  altresì di interesse puntualizzare che tutte le strumentazioni qui di seguito indicate con i loro nomi commerciali sono ben note al tecnico del ramo e pertanto ne viene omessa una loro descrizione dettagliata in termini di componenti strutturali, dando per scontata la loro conoscenza da parte del tecnico del ramo alla data di deposito del presente documento. 
Il detto metodo, quando utilizzato per la determinazione del rischio di presenza di trisomia a carico del cromosoma 21, prevede:
- l’estrazione del cffDNA mediante QIAsymphony (QIAGEN,Valencia, CA, USA);
- il disegno di una serie di probes con la tecnologia TaqMan hydrolyses assay (Life Technologies, Carlsbad, CA,USA) dirette verso geni che mappano sul cromosoma 21, e di una probe usata come reference che mappa sul cromosoma 1;
- l’analisi eseguita mediante l’utilizzo del sistema ProFlex™ PCR System (Thermo Fisher Scientific), disegnando una serie di probes con la tecnologia TaqMan hydrolyses assay (Life Technologies, Carlsbad, CA, USA) dirette verso geni che mappano sui cromosomi 21 ed un gene che mappa sul cromosma 1: 4 saggi FAM TaqMan hydrolysis assays per i geni BRWD1, LTN1, NCAM2 e RUNX1 (ID assay: Hs03026207_cn, Hs02872951_Hs05556211_cn, Hs05550012_cn;) ed un saggio VIC per il gene ASTN1, Hs05795637_cn (Life Technologies, Carlsbad, CA, US), e 15 μL di mix composti da 7,5 μL di 2X ddPCR Supermix per probes, 3,75 μL di un mix equimolare delle TaqMan assays, e 3,75 μL di DNA plasmatico, 3 replicanti sono generati per campione. Condizioni di PCR utilizzate: 95°C per 10 min, 40 cycles of 94°C for 30 sec and 60°C for 1 min, ed una estensione finale a 98°C for 10 min. La fluorescenza viene misurata ed analizzata mediante la QuantStudio 3D Digital PCR Instrument;
- Al termine, per eseguire l’analisi e l’interpretazione dei risultati; si utilizza il Software: QuantStudio™ 3D AnalysisSuite™, Software Relative Quantification.
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Claims (11)

  1. RIVENDICAZIONI 1. Metodo per lo screening di aneuploidie cromosomiche, dette aneuploidie essendo quelle a carico dei cromosomi 13, 18, 21 ed X Y, riscontrabili in frammenti di DNA fetale libero dalle cellule presenti in un campione di sangue materno previamente prelevato, detto metodo comprendendo sequenzialmente: - Una prima fase a) che prevede l’estrazione del cfDNA da un campione plasmatico materno previamente prelevato, e la sua purificazione; - Una seconda fase b) che prevede l’attuazione della reazione di polimerasi mediante una piattaforma per polimerasi digitale, dPCR, per l’ampliamento degli acidi nucleici, previamente purificati, per la quantificazione assoluta del DNA bersaglio presente nel campione; - Una terza fase c) che prevede l’interpretazione dei dati, detto metodo essendo caratterizzato dal fatto che la piattaforma utilizzata per dPCR è la droplet digital PCR, detta droplet digital PCR basandosi sulla ripartizione del campione in migliaia di goccioline di un’emulsione olioacqua, sulla successiva amplificazione dell’emulsione contenete il DNA target e sull’analisi del DNA target amplificato mediante statistica di Poisson, detta fase c) prevedendo l’interpretazione dei dati mediante specifico software per droplet digital PCR.
  2. 2. Metodo secondo la precedente rivendicazione in cui il DNA fetale estratto nella fase a) viene purificato con tecnologia automatizzata che prevede l’utilizzo di particelle magnetiche per la purificazione di acidi nucleici.
  3. 3. Uso del metodo secondo una qualsiasi delle precedenti rivendicazioni, per la determinazione del rischio di trisomia a carico del cromosoma 21 nel DNA fetale presente in un campione di sangue materno previamente prelevato.
  4. 4. Uso del metodo secondo una qualsiasi delle rivendicazioni 1, 2 per la determinazione del rischio di trisomia a carico del cromosoma 13 nel DNA fetale presente in un campione di sangue materno previamente prelevato.
  5. 5. Uso del metodo secondo una qualsiasi delle rivendicazioni 1, 2 per la determinazione del rischio di trisomia a carico del cromosoma 18 nel DNA fetale presente in un campione di sangue materno previamente prelevato.
  6. 6. Uso del metodo secondo una qualsiasi delle rivendicazioni 1, 2 per la determinazione del rischio di aneuploidie a carico dei cromosomi sessuali X Y nel DNA fetale presente in un campione di sangue materno previamente prelevato.
  7. 7. Uso della piattaforma di droplet digital PCR in un metodo per lo screening di aneuploidie cromosomiche, dette aneuploidie essendo quelle a carico dei cromosomi 13, 18, 21 ed X Y riscontrabili in frammenti di DNA libero dalle cellule presenti in un campione di sangue materno previamente prelevato, detto metodo comprendendo sequenzialmente: - Una prima fase a) che prevede l’estrazione del cffDNA da un campione plasmatico materno previamente prelevato, e la sua purificazione; - Una seconda fase b) che prevede l’attuazione della reazione di polimerasi mediante la detta piattaforma di droplet digital PCR per l’ampliamento degli acidi nucleici, previamente purificati, per la quantificazione assoluta del DNA bersaglio presente nel campione; - Una terza fase c) che prevede l’interpretazione dei dati mediante specifico software per droplet digital PCR.
  8. 8. Uso secondo la precedente rivendicazione per lo screening della trisomia a carico del cromosoma 21.
  9. 9. Uso secondo la rivendicazione 7 per lo screening della trisomia a carico del cromosoma 13.
  10. 10. Uso secondo la rivendicazione 7 per lo screening della trisomia a carico del cromosoma 18.
  11. 11. Uso secondo la rivendicazione 7 per lo screening di aneuploidie a carico dei cromosomi sessuali X Y.
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LEE SEUNG YONG ET AL: "A new approach of digital PCR system for non-invasive prenatal screening of trisomy 21", CLINICA CHIMICA ACTA, ELSEVIER BV, AMSTERDAM, NL, vol. 476, 21 November 2017 (2017-11-21), pages 75 - 80, XP085302848, ISSN: 0009-8981, DOI: 10.1016/J.CCA.2017.11.015 *
MUN YOUNG CHANG ET AL: "Development of novel noninvasive prenatal testing protocol for whole autosomal recessive disease using picodroplet digital PCR", SCIENTIFIC REPORTS, vol. 6, no. 1, 1 December 2016 (2016-12-01), XP055530877, DOI: 10.1038/srep37153 *

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